Cucina / Storia

Le ricette di don Libera: così mangiavano i nostri trisnonni, ecco il Masterchef del Settecento, tramandato fino ai nostri giorni

Il prezioso volume, donato alla Biblioteca Tartarotti di Rovereto, è in mostra ad Avio dove domenica verrà spiegato in una conferenza: dai lumazzi al "celteno", passando per la "zuppa putrida" e quella "ugonotta"

AVIO. Che cosa mangiavano i nostri trisavoli nel Settecento? Dal "celteno" (zeltern) alla "zuppa putrida, ai lumazzi, è un mondo meraviglioso raccolto in uno scrigno di memoria.

Sono in corso infatti una mostra e una serie di eventi per approfondire la storia e la cultura gastronomica del territorio di Avio attraverso un ricettario di epoca settecentesca, promosso dal Comune di Avio, Assessorato alla cultura, ideato e condotto dall'associazione culturale «Sintesi - Museo didattico» e con il patrocinio del Club per l'Unesco di Trento e del Centro Studi Territoriale Trentino Alto-Adige dell'Accademia italiana della cucina.

Nella seconda metà del XVIII secolo un religioso di Avio, don Felice Libera, redasse per sua mano o fece redarre un ricettario composto da due parti e contenete quasi 600 ricette di influenza prevalentemente italiana (dal vicino Veneto e dalla Lombardia) di cui 10 vennero trascritte successivamente alla sua morte nel 1792.

Questo dimostra che il manuale casalingo divenne un'opera utile e consultabile in casa Libera passando di mano in mano e giungendo a Rovereto nella dimora del dottor Ruggero De Probizer, discendente per via materna dai Libera di Avio, che nel '19 lo aveva donato all'Archivio storico della biblioteca Tartarotti di Rovereto dove è tuttora custodito.

Grazie alla disponibilità degli archivisti di Rovereto, tra cui Cristina Sega, e all'interessamento della giunta comunale di Avio il ricettario da due mesi è presente con un'esposizione che ne valorizza la sua importanza storica e culturale nella biblioteca comunale di Avio.

Ma quali ricette ci sono? "Le ricette sono molte e tutte interessanti - spiega l'antropologa Marta Villa, dell'Università di Trento - ma alcune ci hanno incuriositi in particolare. Pensiamo ad esempio alla zuppa di lumazzi, per la  quale il sacerdote non solo indica come cucinarla (tre lumache per commensale), ma anche come andare a cercare le lumache nei campi, aspettando i giorni di pioggia. Oggi magari ai più giovani sembra una cosa un po' disgustosa, ma indica che allora c'era una conoscenza della natura e delle sue opportunità".

Non solo: "Possiamo poi citare la zuppa putrida, a dispetto del nome doveva essere buonissima. Ma si chiama putrida - dice Villa -perché la putridità veniva data da ingredienti locali: il tartufo del Monte Baldo e le sponziòle, i funghi primaverili".

Ed anche ricette con indicazioni storiche, come la zuppa ugonotta. "Ci dice che è una ricetta giunta dall'area frrancese o svizzera, dagli ugonotti calvinisti. E' curioso - spiega l'esperta - che venga citata da un religioso cattolico, che comunque la ascrive nelle ricette di magro, per il precetto, non contenendo carne".

Volete saperne di più? Domenica, all'auditorium comunale di Avio ore 16, se ne parlerà nella conferenza «A tavola con don Felice Libera». Introduce e modera Marta Villa, docente di antropologia culturale all'Università di Trento. Discutono insieme Giuseppe De Probizer, erede della famiglia Libera, Franco De Battaglia, giornalista ed esperto di cultura gastronomica trentina, Matteo Mattei, direttore della cantina sociale di Avio. Accesso consentito solo con green pass rafforzato; prenotazione consigliata (0464 684058).

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