Trento / La denuncia

Molestie alle Albere il 25 aprile, le ragazze chiedono spazi sicuri: "Più illuminazione e predisporre degli stand agli eventi"

Sono più di 40 le testimonianze di violenza raccolte a seguito della Festa della Liberazione. Da questo le femministe di Non una di Meno hanno deciso di realizzare un documento per le pratiche da adottare prima, durante e dopo un evento per “rendere questa violenza meno strutturale, più contrastabile da noi tutte”

IL FATTO "Noi molestate durante la festa"

 

di Francesca Cristoforetti

TRENTO. Erano state molestate al Parco delle Albere, il 25 aprile, in occasione della Festa della Liberazione. Dalle testimonianze raccolte dalle attiviste femministe di Non una di meno Trento si parla di palpeggiamenti e ripetute violenze, nella maggior parte dei casi approfittando del buio del parco: più di 40 le donne che hanno subito o che hanno assistito (o riportato racconti di altre amiche e conoscenti) e che hanno deciso di raccontare.

Se il primo grido è stato “guai a chi ci tocca” il secondo quindi si trasforma in un’azione concreta. E’ proprio da questo (triste) punto di partenza che è nato un documento per “rendere questa violenza meno strutturale, più contrastabile da noi tutte”, con tanto di pratiche preventive e di intervento da attuare durante eventi e manifestazioni, per riuscire a crearsi degli spazi “transfemministi e sicuri", dichiara Nudm.

“Questo documento è stato redatto da più persone e compagne che hanno subito o assistito a violenze durante il concerto del 25 aprile 2023 - proseguono le femministe - a Trento, partendo da spunti emersi durante le assemblee tematiche e dalle 43 testimonianze raccolte per misurare la violenza emersa in quell’occasione. Desideriamo sia un punto di partenza, una raccolta di pratiche e di idee che possano costruire ragionamenti condivisi. Con la speranza che possa essere integrato, corretto e migliorato da persone e realtà interessate a rendere i propri spazi transfemministi e sicuri”.

Una speranza quindi “che questi ragionamenti non si esauriscano nella progettazione di singoli eventi, ma divengano una lente attraverso la quale guardare ogni giorno alle assemblee, alle interazioni, alle dinamiche, alle narrative che costruiamo individualmente e con altre persone”.

Tre le “fasi” che dovrebbero scandire la realizzazione di tali spazi: pratiche preventive, di intervento e da attuare durante l’evento quando si verificano, e quelle successive alla manifestazione.

Nel documento viene innanzitutto espressamente fatto riferimento alla formazione dello staff, della sicurezza e delle volontarie previste per il contrasto alla violenza di genere. Tutte persone che dovranno “essere ben visibili durante l’evento”, in modo da potersi rivolgere in caso di necessità: “Lo staff, la sicurezza e le volontarie sono responsabili di ciò che succede”, si legge. Ma ancora “chiamare lo spazio, quindi esplicitare i comportamenti che non sono tollerati durante l’evento”. Questo è possibile, per esempio, “predisponendo cartelli che illustrino quali sono i comportamenti considerati violenti e che solo i comportamenti consensuali sono accettati, spiegando cos’è il consenso”. Nel testo viene proposto anche un numero di telefono dedicato e una maggiore illuminazione.

Fondamentale creare rete durante l’evento: “L’intervento da parte dello staff dev’essere immediato, numeroso e volto ad allontanare immediatamente l’aggressore. Predisporre dei punti (stand o gazebo) ai quali le persone possano andare o essere accompagnate nel caso in cui subiscano una violenza e vogliano portare segnalazioni, ricevere ascolto o aiuto”. Tra le soluzioni anche quella di “Interrompere o sospendere l’evento nel momento in cui non si è in grado di garantire la sicurezza”.

Non da ultimo, prevedere un canale o un servizio attivo per raccogliere eventuali segnalazioni successive per raccogliere feedback e testimonianze. “Muoversi insieme per costruire una narrativa che sia congiunta e condivisa attraverso una pratica di accoglienza incondizionata e senza giudizio”.

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