Il caso / Gioco

Sale giochi chiuse? Non tutte. C'è chi è pronto alla battaglia

Partito il divieto di mettere a disposizione della clientela macchinette per il gioco d'azzardo in un raggio di 300 metri dai luoghi sensibili. Operatori sul piede di guerra. La strategia è chiara: chi potrà terrà aperto, in attesa della polizia municipale

di Chiara Zomer

TRENTO. È scattata venerdì 12 agosto l'ora X. A mezzanotte è scattato il divieto di mettere a disposizione della clientela macchinette per il gioco d'azzardo in un raggio di 300 metri dai luoghi sensibili. Quindi le sale giochi della città hanno chiuso i battenti? la maggior parte sì. Ma non tutte. Alcune stanno ragionando di dare battaglia ad una norma provinciale che ritengono ingiusta.

«A Bolzano l'hanno fatto, e dal 2011 il caso è in attesa di definizione. E loro lavorano da allora» osserva Dino Rebek, un operatore. La strategia è chiara: chi potrà terrà aperto, in attesa della polizia municipale. Che quando arriverà per un controllo, non potrà fare altro che staccare un verbale di sanzione.

Quella potrà essere impugnata davanti al Tar, dando il via all'iter giudiziario, sulla falsariga - ma i casi saranno molto diversi - di quanto accaduto appunto a Bolzano. Solo che per farlo serve avere spalle abbastanza larghe da reggere il rischio della multa, che non è di pochi spiccioli. Ma andando con ordine, la questione ormai è nota: è entrata in vigore la legge provinciale che vieta l'attività di gioco d'azzardo vicino ai luoghi sensibili,- che sono poi chiese, scuole, Rsa, e in genere luoghi frequentati da un'utenza in qualche modo fragile. I gestori di sale giochi, tuttavia, contestano il provvedimento da anni, dicendo che la norma è tropo restrittiva: i 300 metri sono intesi in linea d'aria. Il che significa, in città, che non c'è possibilità per nessuno di aprire una sala giochi.

«Noi avevamo un lavoro onesto, ora non possiamo più farlo - osserva Dino Rebek, gestore di 8 sale giochi, 6 delle quali colpite dal provvedimento - ma chi potrà, resisterà. Io lo farò tenendo due macchinette in due delle sale giochi da chiudere. Le altre le chiuderò. Il personale? È in ferie, non posso licenziarli. Siamo una famiglia».

In alcune sale giochi ha già affisso un cartello per spiegare ai clienti perché le porte saranno chiuse. In quella che resta aperta, aspetterà i vigili.L'obiettivo è trasformare una battaglia politica in una contesa giuridica. Ma per farlo serve un atto da impugnare. La multa lo è: i vigili da oggi la potranno staccare a chiunque non chiuda l'attività. Si parla di una sanzione da mille a 5 mila euro a macchinetta. Multa destinata ad approdare davanti al Tar e a diventare causa quasi certa di un'eccezione di incostituzionalità.

Lo chiarisce l'avvocato Michele Busetti, che in questi anni ha seguito la categoria e che si è studiato il caso. Uno dei motivi di contestazione - spiega - può essere che il 96 - 97% delle sale giochi dovrebbero chiudere l'attività, non potrebbero aprirne né di nuove né traslocarne di esistenti, perché di fatto non ci sono aree insediabili. «Questo significa un tentativo d'espulsione del comparto imprenditoriale e questo viola l'articolo 43 della costituzione». Ci sarebbe poi, osserva, una possibile violazione di una direttiva comunitaria. Insomma, la partita si può ancora giocare.

E il caso di Bolzano che gli imprenditori stanno citando in queste ore? L'avvocato Busetti lo conosce bene, lo segue lui: «Nel 2011 ha seguito di una norma analoga a quella di Trento, a Bolzano è stata dichiarata in delibera la decadenza delle licenze amministrative. Abbiamo impugnato, e da allora vige una sospensiva, su quelle delibere». In sintesi, le sale giochi continuano a lavorare. Ed è questo l'obiettivo anche delle sale giochi in Trentino.

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