Lutto / Il caso

Bolli, nulla osta, burocrazia e complicazioni, l’odissea di una famiglia per seppellire il papà, morto 22 giorni fa mentre era in vacanza al mare

Lo vorrebbero inumare a Gardolo ma un tampone Covid sul corpo obbliga alla cremazione. Tutto ok? No: serve il nulla osta del magistrato, che arriva in due giorni. Tutto a posto? No, l’Ufficio Funerario di Trento vuole anche quello del Comune di Alba Adriatica. Che non risponde. Però pagando...

di Barbara Goio

TRENTO. Quando si lascia la vita terrena, il saluto che viene impartito è che si possa "riposare in pace". Ma questo diritto non è stato riconosciuto a Giuseppe Ravanelli, 72 anni, di Gardolo, le cui spoglie da oltre venti giorni sono bloccate al tempio crematorio di Trento in attesa di ottenere la cremazione oppure degna sepoltura al camposanto.

A causa di una serie di cavilli ed intoppi burocratici al limite del surreale, infatti, a 22 giorni dal decesso, ancora non si vede la fine di questa triste vicenda.

«Da quasi un mese sto lottando contro la burocrazia - racconta il figlio Christian - e non auguro quello che sto passando neppure al mio peggior nemico. Non sono ancora riuscito a piangere mio padre».

«Era il 6 luglio - racconta il figlio - quando mio padre, che era in vacanza ad Alba Adriatica in Abruzzo, mentre usciva dal mare ed era già sulla spiaggia ha avuto un malore e purtroppo ha perso la vita. Hanno fatto il possibile per rianimarlo, i soccorritori sono stati bravissimi, ma purtroppo non c'è stato nulla da fare. Io ero a qualche chilometro di distanza e non ho potuto fare altro che rendermi conto di quanto successo».

Il corpo di Giuseppe Ravanelli è stato trasferito all'obitorio di S. Omero, piccolo comune abruzzese e, dopo un paio di giorni, in bara zincata è stato riportato in Trentino. «Volevamo seppellirlo al cimitero di Gardolo - riprende il figlio - un po' perché siamo tutti di qui, e poi anche per permettere a mia madre, che non ha la patente, di poter recarsi al cimitero a visitare la sua tomba».

Ma qui c'è la prima di una lunga serie di complicazioni. «Senza dirci nulla - riprende il figlio - in Abruzzo hanno fatto il tampone Covid ed hanno scoperto che mio padre era positivo asintomatico. Ai servizi funerari di Trento ci hanno così informato che non potevamo seppellirlo a Gardolo ma dovevamo cremarlo a Trento».

La famiglia si adegua alle direttive e accetta la cremazione. A questo punto però sorge un nuovo problema. Gli scrupolosi servizi funerari della città, fanno emergere un'altra difficoltà: non si può procedere con la cremazione senza il nulla osta della Procura di Teramo. Anzi, non si può neanche cremare il corpo perché deve restare a disposizione per eventuali esumazioni.

«A questo punto - riprende il figlio - la situazione sta diventando paradossale: ma se è stato un infarto, un malore, perché serve tutta questa procedura? Comunque mi do da fare, chiedo un accesso agli atti e contatto la Capitaneria di porto di Tortoreto Lido, che mi assicura che non vi è alcun problema: mio padre è morto per un malore e la procura di Teramo può rilasciare il nulla osta alla sepoltura senza sollevare alcuna eccezione».

Per semplificare le cose, il figlio resta in contatto sia con la Capitaneria che con la Procura abruzzese, ed in un paio di giorni il nulla osta arriva agli uffici comunali di Trento.

Ma il tempo del riposo in pace, per Giuseppe Ravanelli, "parcheggiato" in una cella frigorifera al Tempio crematorio di Trento, pare non arrivare mai. «Almeno - si consola il figlio - al Tempio ci lavorano persone gentilissime, che hanno capito lo stato d'animo della famiglia, e ci hanno permesso di vedere dove si trova mio padre, così almeno da sentirci meno abbandonati».

La stessa comprensione non ha invece caratterizzato il comportamento dei servizi funebri del Comune di Trento, che hanno sollevato un'altra eccezione: oltre al nulla osta della Procura, per permettere la sepoltura o la cremazione di Giovanni, da regolamento serve anche il nulla osta del comune di Alba Adriatica. «Purtroppo - riprende il figlio Christian - ad Alba non rispondono: quando si chiama buttano giù il telefono e non rispondono neppure alle pec. E quindi come famiglia ci troviamo in questo limbo in cui i due comuni non si parlano: uno chiede un atto formale che l'altro non ha intenzione di rilasciare.

A questo punto vorrei che entrambi provassero vergogna per quello che noi, gravati da un lutto, siamo costretti ad affrontare».

A questo punto, la vicenda è ad uno stallo. Ma Christian non si arrende: «Se la cosa non si risolve, andiamo da un avvocato a cercare giustizia. Non è concepibile che un uomo morto il 6 luglio per cause naturali non possa trovare pace: siamo molto provati e mia madre si è sentita male. Tutto questo non è accettabile»

. «Un'altra strada, che ci è stata prospettata ma che però è tutta da verificare - riprende Christian - è che se noi comperiamo una tomba di famiglia a Gardolo, possiamo seppellire lì mio padre senza problemi. É quantomeno bizzarro che questa soluzione non ci sia stata prospettata ancora venti giorni fa e che l'acquisto della tomba di famiglia permetta di superare problemi burocratici, procedurali e sanitari, ma certo pur di permettere a mio padre di poter riposare, e a noi di piangerlo con dignità, siamo ovviamente disposti a scegliere questa strada».

L'epilogo della vicenda è ancora aperto, ma certo resta il senso di profonda ingiustizia per come è stata gestita, e per come una battaglia di carte abbia potuto pesantemente ostacolare persino il diritto ad onorare i propri morti.

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