Economia / Il caso

Pandemia e costi, torna a salire la curva dei fallimenti in Trentino

Costruzioni, impianti e società immobiliari da sole fanno la metà della rilevazione: onda che rischia di aumentare nei prossimi mesi dell’anno 2022

di Lorenzo Ciola

TRENTO. I primi due anni di pandemia avevano fatto temere il peggio, ma alla fine i dati non hanno segnalato boom di fallimenti per quanto riguarda le aziende trentine. Dopo un primo trimestre in linea con lo scorso anno, con 9 fallimenti, però, a maggio se ne sono registrati 13 che sono poi arrivati a 17 nella prima parte di giugno. Un dato che apre qualche preoccupazione.

«Nel 2020 e nel 2021 - spiegano all'Ufficio studi e ricerche della Camera di commercio di Trento - abbiamo registrato valori contenuti, nonostante la pandemia».

Tra l'altro, nel 2020 si erano fatti i conti pure con l'operatività ridotta della giustizia e la ripresa economica dello scorso anno aveva forse fatto stringere i denti a diversi imprenditori. In questo modo, erano state 54 le aperture di fallimento rilevate in dodici mesi presso i tribunali di Trento e Rovereto e monitorate dall'Ufficio studi e ricerche della Camera di Commercio.

Dato in linea con quello del 2020 (56 procedure), che confermava la significativa riduzione del numero dei fallimenti registrati ad esempio nel 2016 (145). Lo scorso anno era stata l'edilizia il comparto più colpito.

Le imprese di costruzione, gli impiantisti e le società immobiliari dichiarate fallite erano state 25, pari al 46% del totale dei fallimenti dichiarati. L' estrattivo e i servizi alla persona erano le realtà meno colpite (un fallimento).

In questo avvio di 2022, il primo trimestre non ha offerto scossoni, con 9 procedure di fallimento a livello provinciale. Il secondo trimestre, come accennato, sembra poter raddoppiare i numeri, portando inevitabilmente qualche preoccupazione. «Anche perché - considerano all'Ufficio studi e ricerche di via Calepina - questo tipo di procedure arrivano sempre come effetto di un'onda lunga. Lo abbiamo registrato anche nel 2016, quando il numero record di fallimenti è arrivato al termine di una lunga crisi economica, quando le aziende in realtà erano già ripartite».

In questa fase primaverile di risalita delle procedure, il comparto dell'edilizia e immobiliare resta quello più esposto con 8 casi. Segue con 4 quello delle imprese legate all'estrattivo e alla segagione, mentre tre casi hanno riguardato l'autotrasporto che comincia a fare i conti pure con i rincari del carburante. Il manifatturiero, invece, presenta solo una procedura.

Con questa situazione, in Trentino sono attese le prossime rilevazioni per capire se effettivamente si consoliderà una fase di crescita dei fallimenti. Fuori dalla provincia, peraltro, l'allarme è già piuttosto elevato. A lanciarlo, in particolare, è stato l'ufficio studi della Cgia di Mestre. Secondo gli artigiani veneti, infatti, molte attività commerciali e produttive rischiano di dover portare i libri in tribunale tra il deterioramento del quadro economico generale, ascrivibile al caro energia o al caro carburante, ma anche all'impennata dell'inflazione, all'impossibilità di cedere i crediti acquisiti con il Superbonus 110%, che ammontano a circa 4 miliardi di euro e ai mancati pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori, che secondo l'Eurostat valgono almeno 55,6 miliardi di euro. Insomma, a far chiudere le aziende potrebbero essere cause ben diverse rispetto ai debiti accumulati.

comments powered by Disqus