Giustizia / Il caso

Terrorista islamico? Per la difesa «Indagine indiziaria, erano solo telefonate»

Dopo la clamorosa operazione dei Ros e l’indagine della Procura, gli avvocati della giovane coppia ribattono. Ma dalla parte degli inquirenti c’è un faldone con conversazioni, foto, e il materiale chimico sequestrato in casa. La moglie diciottenne già scagionata ed estranea ai fatti

TRENTO. «L'indagine è assolutamente indiziaria e, secondo questa difesa, le ipotesi di reato non appaiono sorrette da adeguati riscontri probatori». L'avvocato Marcello Paiar, legale incaricato dalla famiglia Hodza della difesa del ventunenne di origini kossovare, respinge le accuse specificando che il 18 giugno il magistrato di Rovereto non ha convalidato il fermo «applicando solo all'uomo la misura cautelare degli arresti domiciliari», mentre la moglie diciottenne, difesa dall'avvocato Danilo Lombardi, «è stata immediatamente rilasciata poiché, di fatto estranea all'ipotesi di reato».

Le difese sono al lavoro. Il materiale a disposizione della procura di Trento, che ha coordinato l'indagine, è piuttosto composito: "cimici" e telecamere nascoste, oltre ad una fitta attività d'investigazione telematica, hanno permesso di raccogliere un faldone fra intercettazioni e indizi che portano gli inquirenti all'ipotesi di una finalità di terrorismo nelle azioni del ventunenne Mines Hodza. Numerose le conversazioni che il giovane avrebbe avuto via social, attraverso canali Telegram e Instagram "nascosti", dedicati alla propaganda e alle istruzioni per intraprendere un percorso di radicalizzazione.

Il vero nodo è poi nei sequestri. Nella disponibilità dell'indagato sono state trovate sostanze chimiche, che verranno analizzate dai carabinieri dai Ris. È inoltre stato sequestrato materiale informatico. L'ipotesi di un'accelerata al processo di radicalizzazione nel giovane e della preparazione di un attentato, per gli investigatori sarebbe stata confermata dalla decisione di acquisire anche un look da combattente: ad un certo punto il giovane si è rasato i capelli e si è fatto crescere la barba.

Le immagini divulgate nel corso della conferenza stampa hanno mostrato il ventunenne mentre si allenava, nella sua stanza da letto. In una foto Mines Hodza indossa il passamontagna. Nell'ultimo periodo aveva acquistato abiti militari: tutti indizi che per gli inquirenti testimoniano l'adesione ad un percorso di addestramento per entrare a far parte dei foreign fighters in Nigeria.

Come è stato ricostruito, con la moglie aveva progettato di partire per l'Africa in agosto: la coppia prima avrebbe raggiunto Istanbul con l'auto che il giovane aveva acquistato da poco e da lì sarebbe partita in aereo per la Nigeria. Ribatte la difesa: «L'uomo, da quanto si è a conoscenza, ha semplicemente partecipato a qualche conversazione on line limitandosi ad ipotizzare un viaggio all'estero per cui, per altro non risulta aver compiuto atti preparatori».

Lo stesso indagato davanti alla gip Consuelo Pasquali del tribunale di Rovereto (il fermo è infatti avvenuto nel territorio di competenza) ha ammesso le sue "simpatie" per lo stato islamico, confermando di aver assunto informazioni per preparare gli ordigni e di essersi procurato le sostanze (che di fatto non sono mai state assemblate), ma ha anche aggiunto che non sarebbe mai stato capace di fare del male alle persone.

Il giovane è ai domiciliari con il braccialetto elettronico. Una decisione, quella di evitargli il carcere, che - come è emerso nella conferenza stampa - «è stata determinata dalla necessità di garantire un percorso di deradicalizzazione dell'indagato, nel quale avrà un ruolo fondamentale la famiglia di origine, perfettamente integrata nel tessuto sociale italiano».

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