Guerra / La polemica

Cossali contro il presidente nazionale Anpi: «L’Associazione partigiani deve schierarsi con gli ucraini»

Il presidente trentino: «Inaccettabile la dichiarazione della presidenza nazionale dell’associazione partigiani. Con la Resistenza ucraina si può stare in molti modi, anche restando fedeli alla nonviolenza, ma non deve esserci il minimo dubbio tra chi è l’aggredito e chi è l’aggressore»

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di Barbara Goio

TRENTO. La guerra in Ucraina continua e la richiesta da parte del presidente dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia) Gianfranco Pagliarulo di una “commissione neutrale internazionale” che appuri, a proposito del massacro di Bucha, “cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili” ha sollevato un polverone.

In sintonia con le proteste dei partigiani di Milano e Bologna, anche il presidente Anpi del Trentino Mario Cossali prende le distanze: «Non si può e non si deve destare il minimo sospetto di restare equidistanti tra aggredito e aggressore».

L’Anpi nazionale ha ribadito che la richiesta di una commissione neutrale è stata fatta anche da Draghi e dal segretario Nato Guterres...

«É una questione di ruoli: l’Anpi non doveva esprimersi in questa maniera, non era nelle sue prerogative. Quella dichiarazione non è in alcun modo accettabile».

Un’uscita di questo genere è dannosa?

«Purtroppo sì: questi interventi prestano indiscutibilmente il fianco a critiche severe, che non fatico a sottoscrivere. Con la Resistenza ucraina si può stare in molti modi, anche restando fedeli alla nonviolenza, ma non deve esserci il minimo dubbio tra chi è l’aggredito e chi è l’aggressore. Non c’è spazio per l’equidistanza».

Anche su questa storia dell’equidistanza, l’Anpi nazionale ha passato dei guai, con i media nazionali che l’hanno accusata, poiché si è opposta a mandare armi in Ucraina, di non sostenere le vittime dei russi…

«L’invio di armi in Ucraina, come è stato deciso dal Governo, è contestabile per motivi urgenti perché fa aumentare la deflagrazione. E questo è proprio quello che è emerso al congresso Anpi della scorsa settimana, dove comunque la senatrice Liliana Segre è stata lungamente applaudita proprio per il suo intervento contro l’equidistanza. Anche se siamo contrari all’invio di armi, non possiamo certo restare indifferenti davanti alla sofferenza degli Ucraini, dobbiamo stare con la Resistenza ucraina fino in fondo, schierarci dalla parte del Papa che bacia la bandiera ucraina. Non sono i dieci fucili che mandiamo che cambiano la sorte della guerra, gli ucraini sono armati di loro. Dobbiamo invece percorrere tutte le strade della nonviolenza».

E come si può fare?

«Anche Alexander Langer aveva dei dubbi, ma il movimento nonviolento va portato fino in fondo, organizzando manifestazioni, coinvolgendo i giovani, anche una marcia a Leopoli. Dando rilevanza ai tanti dissidenti, e sono migliaia, che in Russia rischiano la vita e sono in galera per aver provato ad esprimere le proprie idee: ha fatto di più per l’Ucraina la giornalista russa che durante il telegiornale si è esposta in prima persona con il cartello sulle bugie di guerra».

Restano però i terribili massacri, come quello di Bucha...

«Non esistono guerre migliori o peggiori: in Yemen, nel Tigrè, nel Congo, i massacri ci sono sempre stati, con violenze terribili, stupri, uccisioni. Purtroppo questo fa parte della guerra».

Ma c’è spazio, in questo momento per la nonviolenza?

«É essenziale che al movimento nonviolento sia ridata dignità, va cambiato il modo di vedere le cose. Anche perché purtroppo le guerre combattute nel mondo sono tante. Certo, questa la viviamo in maniera ancora più drammatica, con più ansia, perché è nel cuore politico dell’Europa».

E l’Europa che ruolo ha?

«Potrei essere pessimista, perché ognuno vuole andare per suo conto. Con tutta la sua prosopopea culturale, l’Europa rischia di essere un vaso di coccio schiacciato tra Stati Uniti, Cina e Russia. Bisogna però andare oltre e forse dal disastro potrà nascere anche qualcosa di buono. Per esempio la grande accoglienza nei confronti dei profughi ucraini lascerà il segno, è un evento di solidarietà notevolissima».

Come si sposa l’antifascismo con questa situazione?

«Al di là dell’esigenza di considerare illegali le forze fasciste, l’antifascismo deve ampliarsi e confrontarsi con nuove problematiche: l’emergenza climatica, della sostenibilità economica ed ambientale, dell’uguaglianza. La storia deve andare avanti».

E il Papa?

«Sono d’accordissimo su tutto quello che fa, è unico che capisce qual’è la direzione da prendere, è consapevole che bisogna cambiare la logica. Le persone si riconoscono in lui».

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