Ittica / Il caso

I pescatori trentini sul piede di guerra: 5,5 milioni di trote a rischio, non si possono immettere nei corsi d'acqua

Il divieto di «semina», le norme contrastanti, la Provincia che non risponde e l’assessora con un Piano «respinto». Dagli allevamenti bisognerà eliminare i pesci troppo cresciuti: "Tutte le altre regioni hanno approvato una norma, da noi non abbiamo risposte"

TRENTO. «È trascorsa più di una settimana dal comunicato inviato dai rappresentanti del mondo della pesca trentina e siamo ancora in attesa, da parte dell'assessore di riferimento, di una risposta in merito, o quantomeno di una convocazione».

Il 26 marzo scorso davamo notizia del grido d'allarme dei pescatori trentini, che oggi torna a riecheggiare forte. Senza che si vedano soluzioni all'orizzonte.

Il 2 aprile 2020 un decreto del Ministero della Transizione Ecologica sospende l'immissione delle "specie non autoctone". Il 28 febbraio 2022, tuttavia, viene approvato un emendamento del Parlamento con la concessione di immissione di tutte quelle specie definite "autoctone" prima dell'entrata in vigore del decreto. Qui però si apre la contesa, su cosa si debba intendere con queste parole.

Sebbene infatti, per il ministero, l'unico esemplare autoctono è quello di trota marmorata, la Carta Ittica provinciale considera tali anche la fario, la lacustre, il salmerino alpino e il coregone.

Due documenti con due diversi punti di vista, ma la richiesta dei pescatori è una sola: considerare la Carta Ittica come documento primario (anche perché la Provincia di Trento l'ha adottata ormai quarant'anni fa) e procedere dunque all'immissione. Anche perché, e qui nasce il problema principale, se non dovesse arrivare il via libera entro pochi giorni andrebbero abbattute 5,5 milioni di trote, troppo cresciute ormai per essere calate nelle acque trentine.

E questo avrebbe serie ripercussioni anche economiche, considerato che senza nuovi pesci non potranno essere rilasciati permessi di pesca, dato che si correrebbe il rischio di spopolare laghi e fiumi.

L'Unione dei Pescatori Trentini, la Federazione di questi ultimi e la sezione provinciale della Fipsas non hanno quindi usato mezzi termini per rappresentare il quadro della situazione: «Il Servizio faunistico in questo momento sta portando avanti l'analisi del rischio, senza prendere in considerazione in alcun modo le nostre richieste di intervenire prontamente e in maniera diversa. Tutte le associazioni di pesca sono contrarie sia in ordine ai contenuti, sia in ordine alla metodologia utilizzata alla composizione del documento: mancata condivisione dei contenuti e nessun sopralluogo o interlocuzione con i rappresentati del territorio. Il documento, va a delineare a nostro parere la fine della pesca, facendo venir meno decenni di lavoro per la salvaguardia e conservazione della trota fario».

Una formulazione del rischio che le associazioni ribadiscono «non debba essere inviata così come formulata ad Ispra», ed anzi, aggiungono, «pretendiamo che vengano applicati gli emendamenti approvati nel mese di dicembre e febbraio scorsi, come peraltro fatto da altre Regioni, e l'immediata applicazione della carta ittica, unico e inoppugnabile documento per la gestione della pesca trentina».

A tal proposito, si è mosso anche il mondo politico: il consigliere provinciale Alessio Manica (Partito Democratico) ha interrogato ieri la giunta provinciale per sapere quando verranno fornite risposte ai pescatori: «Molte Regioni hanno già adottato provvedimenti per l'immissione, ma non il Trentino - ha spiegato - Alla luce di ciò, si chiede quale sia la situazione reale e cosa intende fare la giunta per rispondere alle richieste urgenti dei Pescatori trentini».

In Trentino, in realtà, ci aveva provato l’assessore competenze, Giulia Zanotelli. Che però ha visto il suo «piano» respinto al mittente dai pescatori. E inviato nuovamente al Servizio Fauna per essere riscritto.

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