Giustizia / Il caso

Il professore universitario e quel bacio alla giovane collaboratrice: carezze e sfioramenti, ma "Lei non ha mai detto di no", assolto

Corteggiamento o violenza sessuale? In tribunale passa la linea secondo cui i comportamenti denunciati a distanza di tempo e senza che la ragazza avesse esplicitato il rifiuto, non valicano il labile confine fra le semplici attenzioni e le molestie. La neolaureata ha spiegato di aver atteso a denunciare perché temeva per la carriera futura. L'accusato si è difeso spiegando che lei non aveva ma detto di no

TRENTO. Il bacio, pur sgradito, dato da un professore dell'Università di Trento ad una collaboratrice non è violenza sessuale. Lo ha stabilito il Tribunale di Trento che ha assolto il docente «perché il fatto non costituisce reato». La pm Patrizia Foiera aveva chiesto 2 anni e 2 mesi di carcere ritenendo che il corteggiamento "spinto" - fatto di carezze, sfioramenti e un bacio sulla guancia - configurasse il reato di violenza sessuale.

Questo anche perché l'imputato avrebbe abusato della sua autorità ingenerando nella ragazza timori per la sua carriera universitaria.

Il giudice Adriana De Tommaso invece ha assolto il professore universitario ritenendo - possiamo supporlo in attesa delle motivazioni - che i comportamenti denunciati a distanza di tempo e senza che la ragazza avesse esplicitato di non gradire le attenzioni del prof, non valicassero il labile confine che separa il corteggiamento dalle molestie sessuali (che nel nostro ordinamento sono violenza sessuale).

Comunque la si voglia guardare, la vicenda è destinata a far discutere. Il professore, difeso dall'avvocato Giuliano Valer, avrebbe agito con abuso di autorità in qualità di pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni di responsabile di un corso di laboratorio. Era in sostanza il tutor dell'attuale parte lesa nei cui confronti si presentava in posizione di forza poiché il prof era componente della commissione di valutazione che stabiliva i candidati ammessi al corso. I contatti tra docente e giovane laureata e collaboratrice dell'Ateneo erano frequenti. All'epoca del corso tra i due c'era una collaborazione quasi quotidiana.

Anzi, in almeno 2 o 3 occasioni al mese i due rimanevano soli nell'ufficio di lui. La donna ha raccontato che, dopo essersi assicurato che la porta fosse chiusa, il prof "ci provava". Lei pare non gradisse il corteggiamento, ma non avrebbe chiarito che non aveva alcuna intenzione di cedere alle avance del professore a cui anzi spediva sul cellulare messaggi equivoci, con tanto di emoticon con cuoricino.

Il professore, convinto che tra i due si fosse creata una "simpatia particolare" avrebbe tentato degli approcci, peraltro piuttosto goffi ma non per questo graditi. Con modalità improvvise, secondo l'accusa il docente sfiorava le cosce della collaboratrice oppure appoggiava la mano sulla coscia muovendola sulla gamba.

Al momento dei saluti, oltre a sfiorare la giovane sui fianchi, la baciava sulla guancia nel tentativo (fallito) di baciarla sulla bocca. Lei evidentemente non gradiva, ma temendo che i suoi dinieghi potessero condizionare in modo negativo il suo percorso di studi e professionale, rimaneva immobile in stato di forte imbarazzo. Concluso il laboratorio, la collaboratrice non sporse querela ma segnalò al Rettorato lo sgradito (e certo del tutto inopportuno) comportamento del professore. Di fronte a possibili profili di rilievo penale, l'Università segnalò i fatti alla procura della Repubblica.

La difesa appariva in decisa salita. L'avvocato Valer però ha fatto centro dimostrando che tra prof e collaboratrice si era creato un rapporto di stima e fiducia reciproca andato avanti da marzo 2017 a fine 2018. Il professore tutor si era convinto che si fosse creata una sintonia particolare: secondo la difesa, come confermano i testi di mail e messaggi, mai la donna avrebbe esplicitato di non gradire le attenzioni del docente.

Inoltre - ha sostenuto la difesa - alla fine del periodo formativa la collaboratrice aveva ringraziato per tutto quanto appreso durante il laboratorio. Il docente si sbagliava: non bastava l'emoticon ammiccante per stabilire che la giovane ricambiava le attenzioni del suo tutor. L'avvocato Valer nella sua difesa ha sostenuto che ci sono due parole chiave: consenso e limite. Nel comprendere quando l'insistenza può infastidire sino a diventare deleteria. Allo stesso tempo la persona corteggiata ha il pieno diritto di dire no.

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