Emigrazione / Trentini all’estero

Dal Trentino alla Germania: la storia di Mirko Santuari, esperto in sistemi satellitari per applicazioni meteo

Continua il viaggio alla ricerca delle storie dei trentini che si stanno facendo onore all’estero: questa volta è il turno di un ingegnere che ha studiato e lavorato anche in Inghilterra e a Roma. Ora si trova vicino a Francoforte

STORIE Le interviste dei giovani trentini all'estero

Si chiama Mirko Santuari, fa parte della comunità di MondoTrentino è nato a Trento, dove ha vissuto fino al 2006. Dopo si è trasferito a Roma, dove ha vissuto per 5 anni, e ora abita vicino a Francoforte. Ingegnere, dopo aver lavorato per l’Esa (Agenzia spaziale europea) di Roma si trasferisce a Darmstadt in Germania, dove ora lavora presso Eumetsat (Organizzazione europea per l'esercizio dei satelliti meteorologici). 

Qual è stato il tuo percorso di formazione?

Dopo aver finito gli studi al liceo scientifico Da Vinci di Trento, ho continuato con Ingegneria delle Telecomunicazioni, con laurea triennale in telerilevamento satellitare e tesi presso il Centro di Ecologia Alpina (Cea) alle Viote di Trento (sito bellissimo, dove ho imparato anche la parte naturalistica e applicativa). Nella fase di laurea specialistica ho affrontato lo studio degli strumenti radar, con tesi presso un centro di ricerca a Sheffield, in Inghilterra, grazie a una borsa di studio dell’Università di Trento.

Qual è stato il tuo percorso lavorativo e dove lavori attualmente?

Rientrato in Italia, dopo l’esperienza inglese per la tesi specialistica, mi sono laureato e ho iniziato a lavorare a Roma (Frascati) presso l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) dove ho lavorato per 5 anni sulla calibrazione di strumenti e immagini radar di satelliti dell’Esa. A Frascati ho conosciuto anche mia moglie, Michela. Insieme abbiamo deciso di trasferirci in Germania, a Darmstadt, una cittadina vicino Francoforte, dove viviamo da 10 anni e lavoriamo presso Eumetsat, un’organizzazione europea che sviluppa e opera sistemi satellitari per applicazioni meteorologiche e monitoraggio del nostro pianeta. Eumetsat fornisce immagini e dati in tempo reale, su scala globale, per le previsioni del tempo, monitoraggio del cambiamento climatico, monitoraggio degli oceani e dell’ atmosfera (concentrazione di gas serra, etc.).

Eumetsat opera (tra gli altri), i satelliti geostazionari Meteosat che ci sono familiari perché forniscono le note immagini a “disco” del nostro pianeta utilizzate da molti servizi di previsione del tempo in Europa e nel mondo. Il mio lavoro attuale è quello di ingegnere di sistema, impegnato nello sviluppo del segmento di terra per l’acquisizione e il processamento di dati dei futuri satelliti meteorologici ad orbita polare.

 

Com’è stato e cosa ha comportato il trasferirsi all’estero, vuoi raccontarci?

Il trasferimento in Germania è nato dalla voglia di sperimentare una realtà lavorativa diversa rispetto all’Italia, e mettersi in gioco. Il periodo di tesi specialistica in Inghilterra mi era piaciuto, e al rientro in Italia avevo maturato un interesse a spostarmi all’estero o per lavoro o per un PhD. Per una serie di coincidenze, ho trovato lavoro a Roma, presso l’Esa, ma nonostante l’ambiente internazionale, dopo alcuni anni, le prospettive di crescita erano limitate e sentivo l’esigenza di cambiare.

Non conoscevo Eumetsat, ma tramite vari contatti ne sono venuto a conoscenza e decisi, nel gennaio del 2011, di inviare un curriculum a cui è seguito un colloquio di lavoro e assunzione. Mai avrei pensato alla Germania come destinazione (avevo avuto altre offerte in Inghilterra per esempio), ma alla fine devo dire che è stata la scelta giusta. Il trasferimento è stato relativamente semplice, grazie a un servizio di supporto per i dipendenti per trovare casa in affitto e completare la parte burocratica di registrazione. Ricordo il viaggio in macchina da Roma verso la Germania con una piccola ford fiesta carica di valigie e ricordi e il primo periodo in albergo pieno di novità e ansia per la nuova esperienza.

Come si vive in Germania?

Molto bene dal punto vista professionale e di qualità della vita in generale. I servizi funzionano e sono molto centrati sulla famiglia e sui i bambini. La cultura dell’organizzazione, della logistica, della pulizia e delle regole fatte per essere rispettate si trovano in modo predominante in tutti gli aspetti della vita sociale e privata. Per noi trentini è come vivere in Alto Adige, quindi non è stato difficile abituarmi.

Ovviamente, poi ci sono i lati meno positivi: manca la cultura del buon cibo (anche la disponibilità di materia prima è diversa, e questo contribuisce in parte, non solo l’arte culinaria), le giornate di sole sono meno frequenti e soprattutto manca il lato “latino” a cui siamo tanto abituati: le risate e le chiacchiere, le improvvisazioni che danno sale alla vita.

È un posto di lavoro internazionale, ci sono altri italiani? Li frequenti?

Dove lavoro ci sono molti italiani, che frequentiamo regolarmente. Ma frequentiamo anche amici di altre nazionalità: spagnoli, portoghesi, francesi, greci,..in modo forse inconsapevole, culture in cui troviamo quell’aspetto latino che ci manca dopo aver lasciato l’Italia.

Come hai vissuto e stai tuttora vivendo la situazione emergenziale legata al Coronavirus? Sia nel tuo privato che nel mondo tedesco?

 

Non abbiamo avuto impatti a livello familiare e quindi ci riteniamo fortunati. Abbiamo lavorato da remoto per quasi tre mesi con nostro figlio Matteo a casa (asili chiusi) nella primavera del 2020. A quel tempo aveva 2 anni e mezzo. È stato un periodo complicato ma abbiamo anche apprezzato il lato positivo, ovvero quello di poter condividere del tempo a casa con nostro figlio e recuperare in qualche modo la maternità e paternità ridotta dettata dalle regole delle organizzazioni internazionali.

Ovviamente, come per tutti, è come se il tempo si sia espanso e sono state lunghe giornate intervallate tra tempo al computer, al telefono/videochiamate e attenzione per nostro figlio. Alla fine della giornata, alla stanchezza si aggiungeva il senso di colpa per non avere potuto fare di più per nostro figlio, la stessa sensazione di quando si fanno troppe cose contemporaneamente ma male. I periodi di restrizioni sono continuati anche nel 2021 ma in maniera ridotta e con la chiusura dell’asilo solo in caso di contagio o quarantena. Questo ha permesso, sia a noi che a Matteo, di riprendere gradualmente una vita pseudo-normale.

Nel sociale, nonostante le restrizioni, abbiamo avuto la fortuna di avere amici vicini e ci siamo aiutati a vicenda, sia per i bambini (babysitting), sia per la logistica (spesa, in caso di quarantena). In Germania, le restrizioni permettevano comunque di incontrarsi all’aperto con famiglie e questo ci ha aiutato tantissimo e soprattutto ha dato a Matteo la possibilità di socializzare in un'età molto importante per lo sviluppo delle relazioni e del linguaggio del bambino. Ricordo ancora vividamente il silenzio assordante della città ferma ma anche i suoni della natura viva.

Che rapporto hai con la nostalgia di casa e del Trentino? È cambiata nel tempo?

La nostalgia di casa ha avuto nel tempo alti e bassi. Penso che sia normale. Inizialmente, i primi 2 anni la novità prende il sopravvento, e non si ha ancora la sensazione di essere “via di casa”, piuttosto sembra un'esperienza temporanea. Poi col passare del tempo ci si radica sul territorio (casa, lavoro, famiglia, amici) e improvvisamente “casa” diventa la nuova casa all’estero e si ritorna in Trentino come turisti.

È qui che la nostalgia comincia a farsi sentire, perché ci si accorge che il cambiamento è completo. Successivamente, le cose cambiano ancora, e la nostalgia viene meno, perché i contatti in Trentino si riducono, e ci si sente sempre più turisti quando si rientra. Noi siamo abbastanza vicini (circa 700 km) e scendiamo almeno due-tre volte all’anno in macchina. Questo ci ha aiutato a sentire il Trentino meno lontano. Ora vivo il Trentino molto di più di quando fossi a Trento, trovo sempre posti nuovi da visitare e godo ogni giorno della mia permanenza, dal clima alla bellezza delle Dolomiti e dei nostri laghi. Mi ritengo molto fortunato ad essere relativamente vicino a casa.

Ci dicevi che vorresti fare qualcosa per il Trentino, perché e cosa faresti?

Da quando ho lasciato Trento, ho sempre pensato a come restituire al mio paese la mia esperienza come valore aggiunto per le nuove generazioni. Ci sono molti aspetti di una carriera professionale che non vengono insegnati all’Università, e tornando indietro, avrei apprezzato assistenza o aiuto da persone più esperte, o anche semplicemente consiglio e supporto, nel momento di intraprendere determinate scelte.

Ogni esperienza è ovviamente diversa, ma ci sono aspetti pratici e spunti di riflessione che se trasmessi nel modo giusto possono aiutare i giovani a fare scelte più consapevoli e sensate. Inoltre, vedere una persona che viene dal tuo stesso paese, e magari ha vissuto molto vicino a te o frequentato la stessa scuola/corso di laurea, aiuta a creare un legame e rende l’esperienza più realistica.

Per questo ho sempre pensato che l'Università dovrebbe considerare i trentini all’estero (e non solo, anche quelli in Italia), come una risorsa di formazione e un’opportunità per completare i corsi di laurea con sessioni di incontro con gli studenti, o moduli dedicati. Ho amici trentini che hanno avuto carriere incredibili, negli ambiti più disparati, nel pubblico o nel privato. Io stesso sarei interessato a sentire le loro storie.

C’è qualcosa della tua esperienza che sarebbe utile portare in Trentino?

Sicuramente la parte pratica e fai da te del trovarsi una strada nel mondo del lavoro, del sapersi vendere, e sviluppare competenze che restino nel tempo e si possano applicare a settori diversi, come per esempio la gestione di un team o la gestione dei rischi. 15 anni fa quando partivo da Trento, la realtà professionale locale era ancora relativamente acerba, ora le cose sono cambiante e vedo iniziative interessanti sul territorio, con apertura all’estero e start-up locali.

Anche l’Università di Trento si è sviluppata ed è rimasta competitiva. La parte di formazione teorica deve rimanere al passo con la pratica, ma anche al passo di quello che la realtà offre. L’esperienza di altre persone, se condivisa, può aiutare a dare un senso più concreto agli studi e stimolare interesse.

Cosa vorresti dire ai trentini in questo momento?

Di continuare a coltivare e mantenere la cultura locale come un bene prezioso. In un mondo sempre connesso e globale, l’identità rimane un valore importante. L’ apertura a nuove realtà deve andare di pari passo con lo sviluppo e la valorizzazione dei beni e risorse locali. L’esperienza all’estero, o l’emigrazione in senso più ampio, devono essere valorizzate per arricchire il territorio, come uno scambio a lungo termine con ritorno di valore, e non una perdita.

 

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