Economia / Analisi

Lavoro nell'industria: in Trentino il 92% dei contratti a tempo indeterminato, ma c’è carenza di personale qualificato

L’analisi del Centro Studi di Assindustria: la mancanza di figure professionali è una emergenza, da noi 5 punti peggio della media nazionale; il 73% delle aziende ha avviato lo smartworking, l’80 per cento ha chiesto i sussidi speciali per la pandemia

di Lorenzo Ciola

TRENTO. In Trentino il sistema di Confindustria offre contratti a tempo indeterminato al 92% dei dipendenti, in linea con la percentuale che si registra a livello nazionale.

Questa percentuale si ottiene sommando l'82% dei contratti full time e il 10% di contratti part time.Questi i principali elementi emersi dallo spaccato locale dei risultati dell'indagine sul mercato del lavoro 2020 pubblicato nei giorni scorsi dal Centro Studi Confindustria.

Per quanto riguarda la Provincia di Trento e in particolare le aziende associate a Confindustria Trento, l'analisi restituisce un'immagine di stabilità contrattualistica che l'industria locale garantisce ai propri dipendenti.

Un altro importante dato che emerge dall'indagine è il riflesso dell'annoso problema della difficoltà di reperimento di personale qualificato in relazione alle competenze richieste: «Anche in un anno particolare come il 2020 - spiega il direttore generale di Confindustria Trento Roberto Busato - il 27% delle aziende che hanno risposto ha selezionato questo fattore come un limite alle assunzioni programmate. Vale la pena di segnalare che il dato è più alto di almeno cinque punti percentuali rispetto alla media nazionale, a testimonianza delle abituali difficoltà in termini di reperimento di talenti di cui il nostro territorio soffre particolarmente».

Interessanti comunque anche gli altri fattori che nel 2020 hanno frenato le assunzioni nel comparto industriale. Detto che il 64,4% delle aziende non le aveva in programma, il 3,8% ha dovuto fare i conti con il blocco delle uscite imposto dalle norme legate alla pandemia.

Nell'8,7% dei casi, invece, la rinuncia ad investire in nuovi collaboratori è arrivata a causa dello smart working, una modalità di lavoro che avrebbe impedito la formazione e l'inserimento dei nuovi assunti.

A proposito di smart working, l'indagine di Confindustria ha messo a fuoco anche l'utilizzo di questa modalità. In realtà, il 13,6% delle imprese non lo aveva mai utilizzato prima della pandemia. Dopo l'arrivo del Covid, però, il 73,5% delle realtà presenti in Trentino ha adottato il nuovo strumento per poter continuare la produzione.

Una scelta che, probabilmente, influirà comunque sull'organizzazione del lavoro nei prossimi anni.

Degno di menzione, infine, il dato sull'impiego dei trattamenti di integrazione salariale, soprattutto Cassa speciale Covid. Nel 2020 vi ha fatto ricorso circa l'80% delle imprese associate a Confindustria Trento: dato più alto di circa 10 punti percentuali rispetto alla media nazionale.

«Da un'analisi verticale del dato - spiegano in Confindustria - si riscontra tuttavia una durata di utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale molto più breve rispetto alla media nazionale (si parla di 1-9 settimane, rispetto alle 18 della media nazionale): sintomo, questo, di un utilizzo in larga parte cautelativo e di una successiva capacità di forte ripresa della produttività. Contratti stabili, una difficoltà a reperire talenti maggiore che altrove, un ricorso più diffuso, ma più razionale, alla Cassa integrazione guadagni (soprattutto Cassa speciale Covid)».

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