Alimenti / La polemica

Carne salada: contro l'Igp insorgono anche Tesino a Primiero, sarebbero esclusi dalla possibilità di produrla

Per il Consorzio Trentino Salumi in quelle zone «non vi sono produttori». Il macellaio Bonelli: «Io ne faccio 80 quintali l’anno, e così tanti colleghi: con le nuove regole non possiamo più chiamarla “carne salada”, è assurdo»

PROTESTA L'Alto Garda in rivolta
LETTERA Il sindaco scrive al Ministero

di Andrea Orsolin

PRIMIERO/TESINO. Carne salada? Trentina sì, ma non del Primiero e del Tesino. Sta facendo parecchio discutere l'avvio della procedura per ottenere il marchio IGP (Indicazione geografica protetta) per la carne salada, formulata dal Consorzio produttori trentini di salumi per tutelare questo tipo di prodotto.

Ad insorgere sono sia i territori del Trentino orientale che la zona dell'Alto Garda (zona storica di elezione del prodotto artigianale). I primi per essere stati completamente tagliati fuori dall'area di produzione.

Secondo il disciplinare (documento dove vengono stabilite le regole da rispettare) redatto dal Consorzio, infatti, la zona di produzione «coincide con il territorio compreso nei confini amministrativi della Provincia di Trento», escludendo soltanto i comuni di Primiero San Martino di Castrozza, Imer, Canal San Bovo, Mezzano, Sagron Mis, Castello Tesino, Cinte Tesino e Pieve Tesino. Semplice dimenticanza? Forse si è scordato che, pur lontani, anche questi territori sono trentini? Gli esperti interpellati in fase di stesura del disciplinare avrebbero sostenuto che in queste zone la carne salada non ha produttori. Certo non in dimensioni industriali come altrove in provincia, ma nel Primiero e nel Tesino questo tipo di carne viene preparata da tempo. Non solo dalle macellerie, ma anche ad esempio dai cuochi.

Si tratta in fondo di un semplice carpaccio speziato che resta in macera nel frigo e viene poi consumato.

Se il disciplinare fosse approvato tale e quale a come è stato scritto ora, i produttori del Primiero e del Tesino non potrebbero più chiamare la loro carne "salada", ristoranti e alberghi avrebbero il divieto di inserirla nei loro menù.

Per questo i territori si sono attivati in sede provinciale per cercare di sanare la situazione. «Siamo allibiti, è una dimenticanza grave, come se le nostre zone non esistessero - dice Francesco Bonelli dell'omonima macelleria, con negozi a Siror e Fiera, da tre generazione produttore di carne salada - Non saremo grandi industrie, ma la mia macelleria ne produce 80 quintali all'anno e così fanno anche altre realtà a me vicine. I piccoli produttori hanno bisogno di essere salvaguardati, non dimenticati».

Sono già state attivate le procedure legali per cercare di risolvere la questione. Per presentare le opposizioni al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali c'è tempo fino ai primi di febbraio. Di senso opposto sono invece le critiche che giungono dalla zona dell'Alto Garda, che rivendica solo per sé la zona di origine della carne salada. L'allargamento a tutto il territorio trentino, a Riva e dintorni, è considerato critico, così come l'utilizzo di ingredienti aggiuntivi estranei alla tradizione che il marchio IGP - se così approvato - vorrebbe imporre. E soprattutto l’obbligo di venderla solo in confezioni sottovuoto.

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