Novecento firme in tutto il Trentino: "No alla mascherina per gli scolari", per protesta bimbi a casa e palloncini davanti alle scuole

Sale la protesta dei genitori contro l’obbligo di mascherina indossata sempre in classe alle elementari e medie.

Venerdì scorso è stata consegnata agli assessori competenti e al Servizio istruzione, alla ministra Azzolina e al governo, la lettera firmata da 907 trentini «in difesa della scuola reale», documento che si è reso necessario - scrivono - «in seguito alle ultime ordinanze che prevedono l’utilizzo della mascherina a scuola, dai 6 anni in su, anche in fase statica», cioè seduti al banco. L’ultimo Dpcm, si sostiene, «ha allarmato molte famiglie che si sono mobilitate in vari modi». Si tratta di oltre 900 firme quasi tutte dalla val di Fassa e Fiemme, dove la protesta si è alimentata con un tam-tam fra genitori tramite i gruppi Whatsapp e Facebook.

Secondo il comitato dei genitori, esisterebbero molti studi, sta scritto nella lettera, che dimostrerebbero come l’utilizzo prolungato della mascherina provochi «irritazione e difficoltà respiratorie» e riduca «la capacità cardio-polmonare durante gli sforzi».

Come manifestazione di dissenso, venerdì mattina «molti genitori hanno tenuto bambini e ragazzi a casa, e stiamo pensando alle adeguate forme di protesta» per i prossimi giorni. Pur nella consapevolezza della gravità della situazione, i firmatari ritengono che «una scelta tanto grave» come quella di obbligare gli studenti a indossare la mascherina «vada immediatamente sospesa e valutata alla luce di dati scientifici certi».

L’iniziativa si va estendendo a tutto il Trentino. Oggi e per tutta la settimana proseguirà la protesta: «Con la presente si comunica che, a seguito di un tam tam fra genitori preoccupati per la salute dei figli e di diverse iniziative analoghe lanciate a livello locale da singole classi, istituti, gruppi di valle (Fiemme, Fassa, Primiero, alta e bassa Valsugana, Bassa Atesina, Rotaliana, Trento...) oggi anche il comitato “per una scuola reale” metterà in atto una sorta di “sciopero” non portando a scuola i bambini per manifestare contrarietà non tanto alla mascherina in sé, quanto all’obbligo di portarla anche al banco in posizione statica, quando - come al bar o al ristorante, dove invece è concesso toglierla... - è possibile garantire la distanza di sicurezza».

Trentino, protesta contro le mascherine in classe

Considerato che per molti genitori è stato impossibile organizzarsi con un così breve preavviso, scrive il Comitato, «chi condivide la protesta pur mandando a scuola i figli apporrà fuori dagli istituti cartelloni e palloncini (simbolo dell’aria che si sta togliendo ai ragazzi) per richiedere il ritorno alla situazione precedente, già ricca di obblighi e limitazioni per la prevenzione del Covid (termoscanner, disinfezione delle mani svariate volte ogni mattina, mascherina in ogni momento dinamico - ingresso, uscita, cambio di aula, necessità di andare alla toilette... - ma anche in ogni situazione in cui l’insegnante o un alunno lasciano la loro posizione - aprire/chiudere la finestra, raggiungere il cestino, consegnare un compito... -, divieto di scambiarsi oggetti, divieto di lasciare a scuola libri e qualsiasi altra cosa (con appesantimento delle cartelle), divieto di usare gli armadietti, divieto di avere contatti con le altre classi, obbligo di andare in bagno solo accompagnati, finestre aperte per tutta la mattinata, niente bis in mensa, niente merenda a metà mattina, divieto di condividere cibo o dolciumi, divieto di cantare, urlare o suonare il flauto, divieto di assembramento, divieto di utilizzare all’intervallo giochi di società, carte da gioco, libri, fumetti e diari personali, vietati i giochi di squadra o l’utilizzo di palloni o attrezzi scambiabili nell’ora di ginnastica...), misure che - sia a detta che degli amministratori locali che della Ministra Lucia Azzolina - sono state efficaci in questi due mesi per contenere i contagi a scuola, dove non si sono verificati focolai, ma sono stati individuati soltanto singoli casi portati dall’esterno.

Sempre oggi, il comitato si recherà in Questura per richiedere regolare autorizzazione a manifestare in presenza, probabilmente per il prossimo lunedì, sempre che nel frattempo non venga revocato il nuovo obbligo e si ritorni alla situazione precedente (non alla didattica digitale, altra opzione che il comitato considera sbagliata, inefficace e lesiva delle necessità dei ragazzi)».

Ieri Maurizio Freschi, presidente della Consulta provinciale dei genitori, ha cercato di capire la vastità del disagio e della protesta. E alla fine con i membri della Consulta ha deciso di avviare un questionario per capire che cosa fare.

Dice Freschi: «Il problema è che non abbiamo una situazione chiara, perché in alcune aree il tema è particolarmente sensibile, altre invece sono toccate in maniera marginale. Vogliamo uscire con un raccolta di informazioni, per capire l’effettiva entità del problema. Anche perché in alcune zone si raccolgono firme - spiega ancora Freschi - ma in altre c’è solo richiesta di informazioni. Quello che sappiamo è che questa sensibilizzazione ce l’abbiamo soprattutto sugli istituti comprensivi».

Ma la Consulta chiederà dei pareri medico-scientifici?
«Bisogna tenere conto - spiega ancora Freschi - che stanno uscendo pareri diversi. Io non mi esprimo, sono i soggetti titolati che devono esprimersi, noi riscontriamo un disagio da parte di alcune famiglie, che sono in attesa di chiarimenti. Certo è che piuttosto che fare lezione a distanza in una primaria, preferisco indossare una mascherina. Ma non ho un quadro omogeneo. Con il questionario capiremo se questo disagio è dell’80 per cento dei genitori o del 10 per cento dei genitori».

Certo il problema della mascherina non è indifferente: «Io posso capire che è una fatica stare quattro-sei ore con la mascherina. Ma se devo fidarmi del comitato scientifico, non c’è alternativa. Allora vogliamo chiedere all’Azienda sanitaria, all’Ordine dei medici, ai pediatri: che cosa fare?»

Ma sulla manifestazione in val di Fassa Freschi vuole puntualizzare: «Non condivido le manifestazioni di piazza in questo momento. Non voglio mettere in discussione la scelta dei genitori di Fassa, ma non l’avrei fatta. E tenere i figli a casa è una fatica, allora bisogna pensarci bene, perché vuol dire che i genitori devono assentarsi dal lavoro. Quel che è certo è che le decisioni del Dpcm sono state prese troppo trasversalmente: un problema a Milano o a Roma non è quello di una valle del Trentino. Bisogna pensare a una deroga per la didattica a distanza».

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