Una folla per l'addio a padre Fabrizio Tisi: «La sua eredità non vada smarrita»

Duomo gremito per il funerale di padre Fabrizio Forti, responsabile della mensa della Provvidenza, al convento dei Cappuccini di Trento, stroncato da un malore nel sonno, sabato notte.

Più di mille persone hanno voluto essere presenti per dare l'ultimo saluto al frate degli ultimi, il frate dei poveri.

Per lui il picchetto d'onore delle forze dell'ordine e tanta gente comune, a partire dai poveri, lo hanno voluto salutare in una cerimonia toccante condita da cori e musica emozionanti.

«La sua eredità non vada smarrita», ha detto l'arcivescovo Lauro Tisi nella sua omelia.

«Assumiamoci, come comunità, la responsabilità di farci carico dei poveri, i suoi poveri anzitutto, e i carcerati del nostro Trentino», ha aggiunto l’arcivescovo.

«La sua profezia - ha proseguito l’arcivescovo parlando di padre Forti - diventi la profezia dell’intera Chiesa e dell’intera comunità trentina.
Facciamoci carico, tutti insieme, della mensa e del carcere.
Sarebbe il regalo più bello che possiamo fargli».

Rivolgendosi alla Chiesa trentina, monsignor Tisi ha sottolineato: «La testimonianza di padre Fabrizio sia per te incoraggiamento a metterti il grembiule e passare a servire. Non attardarti solamente nell’ammirarlo, prova a imitarlo. Questo tuo figlio, cara Chiesa di Trento, ti ha pungolato, ti ha invitato a muoverti, ti ha rivolto delle critiche. L’ha fatto - ha concluso l’arcivescovo - perchè ti voleva bene, ti amava e sentiva che non poteva fare a meno di te, non voleva andare dai poveri senza di te».

Padre Fabrizio il prossimo 29 ottobre avrebbe compiuto 67 anni.

Prima della cerimonia nella cattedrale la salma del sacerdote era stata portata in carcere a Trento, questa mattina. Per volere della sorella e degli altri membri della fraternità cappuccina il feretro del religioso, che era cappellano del carcere, ha ricevuto il saluto dei detenuti e degli operatori del penitenziario di Spini di Gardolo.


 

«Per noi avere avuto padre Fabrizio Forti è stato un privilegio. È stato un presenza libera e carismatica». 

Quel «noi», nelle parole di Silvio Toniolli, presidente dell'associazione Valle Aperta, fondata nel 1983 a Piazzo di Segonzano dal frate degli ultimi, racconta l'affetto e la riconoscenza di un'intera valle, la valle di Cembra, per gli anni straordinari vissuti insieme al sacerdote. Il seme gettato durante la sua lunga permanenza e l'esperienza davvero unica dell'eremo di Segonzano, ha trovato un terreno fertile, tanto che le realtà nate in quegli anni - da Valle aperta, all'associazione culturale Sorgente 90 - rappresentano ancora oggi un punto di forza del volontariato e dell'accoglienza.

«Padre Fabrizio ha vissuto per 18 anni all'eremo di Piazzo - ricorda Toniolli - E quella fu una realtà unica, capace di trasmettere un fortissimo carisma e diventare un polo di attrazione, una calamita per tutti in val di Cembra. Una porta aperta 24 ore su 24 per tutti: una presenza davvero profetica e carismatica».

Così nacque anche Valle aperta e così l'eremo divenne motore di molte altre realtà.

«Noi oggi viviamo il lutto di padre Fabrizio - racconta - ma il lutto lo abbiamo sperimentato nel 1998, quando è stato deciso di chiudere l'esperienza dei frati. Una decisione non presa da padre Fabrizio e nemmeno da padre Antonino Butterini che era con lui o da padre Claudio Trenti. Quel trio era una vera potenza: tre carismi grandissimi, un regalo offerto a noi. Lui - prosegue - visse quella scelta con grande sofferenza». E lo stesso fu per la valle. «Per tutta la generazione della mia età - dice - l'eremo è stata occasione di una formazione spirituale, umana e sociale».

Quelli erano gli anni dell'approvazione della Legge Basaglia e della chiusura dei manicomi.

«Valle aperta nacque spontaneamente dal desiderio di ridare dignità a queste persone sofferenti. Lo spirito di Fabrizio e dei volontari che si raccolsero intorno a lui - spiega - fu quello di mobilitarsi per dare sollievo a queste persone e alle loro famiglie. E quello è lo spirito che abbiamo conservato». 

Dall'attenzione agli ultimi e ai sofferenti, all'impegno instancabile per la pace e la solidarietà, con la battaglia per l'obiezione di coscienza che in valle di Cembra lo vide in prima linea. Battaglia dirompente, negli anni della leva obbligatoria, come ricorda Alessandro Canali, uno dei fondatori di Sorgente 90 che aveva sede a Spiazzo e membro del direttivo dell'associazione, che ancora oggi è un motore di iniziative per i giovani con il Molin de Portegnach.

«L'associazione aveva sede proprio dai frati - ricorda - Passavano tantissimi giovani, anche per fare solo due chiacchiere ed essere ascoltati, venivano con le loro ansie e le loro domande. Da lì è nata l'associazione, che aveva il compito di promuovere l'obiezione di coscienza in valle tra tutti i giovani in età da militare. Riuscimmo ad iniziare con i primi obiettori della valle di Cembra, dislocati presso le varie associazione e a convincere anche il Comune di Cembra a fare una convenzione con il ministero».

Negli anni l'associazione è cresciuta, ha ampliato il suo impegno ed è oggi ben radicata nel tessuto della valle. Anche nelle parole di Canali la misura di un'esperienza di incredibile intensità. «Sono stati gli anni più belli della mia vita.

L'incontro con padre Fabrizio mi ha cambiato la vita. Non sono un praticante, ma con lui era tutto diverso e ci faceva vedere il Dio che vedeva anche se non eri religioso come lui, quel Dio che vedeva negli ultimi e nei bisognosi».
Saranno in molti, oggi, a scendere a Trento dalle valle di Cembra per dire un grazie sincero ed una preghiera a padre Fabrizio. «Che non c'è, ma è presente e si sente», come evidenza Toniolli.

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