Il 6 agosto del 1945 la bomba atomica su Hiroshima

Almeno 140mila le persone uccise dallo scoppio e dalle radiazioni

Il 6 agosto 1945 doveva essere un giorno come tanti altri per Hiroshima, la città giapponese scelta dal piano di operazioni alleato per il più tragico fatto militare e politico di tutti i tempi.

E invece, alle 8.16, a 565 metri di quota, sulla verticale di quella bellissima città, ''Little boy'' (ragazzino), la prima bomba atomica costruita da scienziati e tecnici di Los Alamos, scoppiò distruggendo tutto e uccidendo migliaia e migliaia di giovani, donne e uomini: almeno 140.000 persone morte conteggiate entro la fine del 1945.

Qualche giorno dopo, il 9 agosto, un'altra bomba fu lanciata su Nagasaki.

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Quando i dirigenti del ''Progetto Manhattan'', l'enorme macchina che aveva realizzato la bomba atomica, il generale Leslie R. Groves e lo scienziato Julius Robert Oppenheimer, furono informati dell'imponente distruzione prodotta con il frutto del lavoro che li aveva visti impegnati per tanti anni insieme con scienziati e tecnici americani, inglesi, italiani, ungheresi e di altri stati europei, ebbero reazioni diverse.

Groves disse: ''No, non ho rimorso perché penso che noi, indubbiamente abbiamo salvato un gran numero di vite americaneAbbiamo salvato anche molte vite giapponesi perché se avessimo effettuato lo sbarco ci sarebbe stata una grandissima quantità di morti giapponesi, sicuramente maggiore di quelli uccisi a Hiroshima e il 9 agosto a Nagasaki con lo scoppio della seconda bomba atomica. questo e' un particolare che viene dai più trascurato'' .

''Vorrei pensare - disse Oppenheimer che si determinò negli scienziati, sia pure non in tutti, un grande, grande senso di orrore e di responsabilità e un impegno a far in modo che una cosa simile non dovesse ripetersi mai più''.


''Little boy'' misurava quattro metri e venticinque di lunghezza e un metro e mezzo di diametro. pesava, più o meno, quarantacinque quintali. non era una grossa bomba, ma aveva un ''cuore'' . Un nocciolo d'uranio fissionabile che sarebbe stato fatto esplodere da una carica costituita da un piccolo frammento di uranio 235 spintogli contro alla velocità di millecinquecento metri al secondo. si sarebbe così sviluppata un'energia pari a circa ventimila tonnellate di trinitroluene, l'esplosivo usato comunemente per le bombe sganciate dagli aerei. L'operazione di lanciare la prima bomba atomica del mondo venne affidata al 509 gruppo composto di bombardieri ''B-29'' , le famose '' fortezze volanti'' . Lo comandava il colonnello Paul Tibbets di 29 anni, uno dei migliori piloti bombardieri d'America. Per la missione il B-29 prescelto venne battezzato ''Enola Gay'' dal nome della madre di Tibbets.

A bordo dodici uomini al comando dello stesso Tibbets; incaricato del puntamento e sgancio il maggiore Thomas Ferebee. L'operazione cominciò alle 1,37 col decollo per tre città diverse di tre aerei meteorologici.

È un'azione diversiva, soprattutto per ''Stright flush'' (scala reale) diretto verso Hiroshima dove arriva alle 7.09 quando ormai su ''Enola Gay'' , decollato alle 2.45, si sta per innescare l' ordigno.

Alle 7,40 ''Enola Gay'' è in quota prevista. in giappone sono le 6,40. Da poco l' aereo meteo ha già superato Hiroshima dove alle 7,31 suona il cessato allarme. La vita riprende. 45 minuti dopo ogni forma di vita sarà quasi scomparsa del tutto. La città rasa al suolo.

7,47: verifica dei circuiti elettrici della bomba.

8,09: '' Enola Gay'' avvista Hiroshima.

8,11: l' aereo a nove mila 500 metri di quota vira di 90 gradi e si porta sulla rotta di lancio.

8,14 e 17 secondi: il maggiore ferebee inquadra l' obbiettivo, un ponte sul fiume Ota.

8,15 e due secondi: il radio - segnale preannuncia 15 secondi al lancio.

8,15 e 17 secondi: ''Little boy'' lascia ''Enola gay'' .

Dopo 43 secondi, alle 8,16, quando l' aereo era a distanza di sicurezza, fu la luce e l'enorme fungo che abbagliò trecentomila persone e, come scrisse Shogo Nagaoka nel suo libro ''Hiroshima under atomic bomb attack'' , ''cancellò ogni ombra dai recessi più nascosti'' .

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