Curry bussa alla porta dell'immortalità

di Giorgio Lacchin

La settimana di Stephen Curry: lunedì 22 febbraio ad Atlanta, 36 punti in 36 minuti; mercoledì a Miami, 42 punti in 36 minuti con un canestro da 12 metri e 20 centimetri allo scadere del primo quarto; giovedì a Orlando, 51 punti in 34 minuti con un canestro da metà campo allo scadere del terzo quarto; sabato a Oklahoma City, 46 punti in 38 minuti con 12 "triple" (uguagliato il record all time) e un canestro da 11 metri e 70 sulla sirena del supplementare. Tutte vittorie per i campioni in carica di Golden State, arrivati a 53 successi in 58 partite (nessuno come loro nella storia della lega). Noterella: Oklahoma è squadra di primissima fascia, da titolo Nba; Miami e Atlanta sono abbondantemente sopra il 50% di vittorie, sicure protagoniste dei playoff che scatteranno a metà aprile.

Per colpa di Curry - non solo sua, naturalmente, ma soprattutto sua - cambieranno la regola del tiro da 3 punti. È certo. Sposteranno indietro la linea oltre la quale il tiro vale tre invece di due. Adesso l'arco è posto a 7 metri e 25 (in Europa è addirittura a 6,75); lo porteranno almeno a 7,75. Vedrete. Del resto in questa stagione Curry sta segnando quasi il 70% dei tiri scagliati da una distanza tra gli otto metri e mezzo e i 15 metri! E ci prova almeno una volta a partita.

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Irreale. Una cosa mai vista. Sentite LeBron James (appena incoronato dagli esperti americani della rete Espn come il terzo giocatore nella classifica dei migliori di tutti i tempi, alle spalle di Jordan e Jabbar; dunque non uno qualunque): "Bisogna fermare quest'uomo. È pazzesco. Mai visto prima d'ora uno come lui nella storia della pallacanestro". E questo è Magic Johnson: "Curry ha la possibilità di diventare il più grande di tutti i tempi, se continua a giocare a questo livello per quattro o cinque anni". Okay, è un "se" grande come una casa, ma il fatto che si cominci a ragionare in quest'ordine di grandezza è già di per sé estremamente significativo.

Un tizio per colpa del quale hanno cambiato le regole è Kareem Abdul Jabbar: negli anni dell'università - fine anni Sessanta - era già così dominante che s'inventarono il "divieto di schiacciata". Una stupidaggine mai vista, e infatti Jabbar continuò imperterrito a macinare gli avversari.

In un altro sport (lo sci), quasi 40 anni fa, toccò a Ingemar Stenmark. Siccome lo svedese vinceva tutti gli slalom, sia gigante che speciale, e dunque intascava una coppa del mondo dopo l'altra, decisero di aumentare il "peso" della combinata in modo da regalare un bel gruzzolo di punti a slalomisti anche solo discreti che però avessero il coraggio di buttarsi nella discesa libera. E la coppa del mondo cominciò così a prendere la via dei combinatisti.

Se un atleta, di qualsiasi sport, ti costringe a cambiare le regole affinché non vinca sempre lui, ecco, quella è la misura della sua grandezza. Del suo dominio.

Curry sta bussando alla porta dell'immortalità.

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