Tra rap, hard rock e...

Tra rap, hard rock e...

di Gabriele Biancardi

Accontentarne due e perderne magari 7, oppure scontentarne due per avere con se i 7 di prima? Eh si, questo può accadere quando qualche ascoltatore fa una richiesta musicale estrema.

Da una parte dispiace dire di no, sembra che o te la tiri o che non ti frega nulla del gusto del richiedente, dall’altra pensi che molti potrebbero non gradire proprio la scelta musicale che metti in onda. Personalmente dopo tanti anni ho raggiunto un accordo con me stesso. Se mi viene richiesto un brano diciamo un pochino «fuori», come può essere un brano datato e «cattivo», cerco di capire se con una presentazione a modo, potrebbe creare curiosità.

Se dopo una barra pubblicitaria metto «Mean Street» dei Van Halen, è possibile creare magari del fastidio, il brano è piuttosto duretto e con suoni di 25 anni fa. Se invece prima di metterlo in onda cerco notizie sul gruppo, magari qualche curiosità, forse uno è portato ad ascoltare,magari poi non piace lo stesso, ma perlomeno è incuriosito. Ci sono invece alcune tipologie di canzoni che onestamente banno. Il rap americano, quello duro e puro, fatto di pochissimi suoni e miliardi di parole, perlopiù incomprensibili. La dance più spinta, quella fatta al computer e basta. Ecco, su queste onestamente non sono proprio pronto alla messa in onda.

Magari qualche giovane amante di 50 cent mi darà del vecchio rincoglionito, ma ci sta. Lo facevo pure io quando a 15 anni le radio non passavano i Deep Purple.

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