Albere, duello fra troppi silenzi

Albere, duello fra troppi silenzi

di Alberto Faustini

Il braccio di ferro ha un merito: quello di ricordarci che a Trento ci sono le Albere. Non il quartiere, che non ha bisogno di (ulteriori) polemiche per essere conosciuto. Il palazzo storico, la spettacolare magione che dalle albere (Populus alba, pioppo bianco) prende quell'antico nome che ora ha in un certo senso ceduto al nuovo quartiere disegnato da Renzo Piano. Sì, perché se Sgarbi e Zecchi non si prendessero a cuscinate di parole sul destino delle Albere - trasformando il Trentino in un perenne Maurizio Costanzo show di dubbio gusto - nessuno si ricorderebbe dell'antico palazzo voluto nel sedicesimo secolo dai principi vescovi Madruzzo.

La villa si rianima un paio di volte all'anno, per qualche evento pubblico o privato. Ma poi torna a poltrire. Per non dire a morire. Ora, complice il caldo?, è diventata l'oggetto del desiderio. Una sorta di Rubicone. Un piccolo fiume che diventa il simbolo di un confine fra mondi e modi di pensare. Mentre Comune e Provincia dormono sonni tranquilli, il presidente del Mart (fuoco d'artificio Sgarbi) e il presidente del Muse (vento tranquillo Zecchi) si scannano sulle (quasi) ceneri del Palazzo. Manco tutto dovesse ripartire da lì: il fulcro delle opere trentine, che il Mart non ha esattamente valorizzato negli anni, nella visione sgarbiana; il cuore di studi filosofici e non solo, nell'idea zecchiana.

Le questioni, in realtà, sono due. Una riguarda due prime donne: Vittorio Sgarbi e Stefano Zecchi. Che, come ha ben ricordato sull'Adige Pascuzzi, non si sono mai amati (anzi). I due, su questa polemica, vogliono non solo prendersi tutta la scena, ma anche stabilire chi, fra loro, sia il più importante presidente di un museo (internazionale) di un Trentino che non è abituato a questi duelli fra titani. L'altra questione - quella che non dovrebbe stimolare crisi di gelosia, ma un sereno confronto - riguarda invece il palazzo. Chi ha un po' di memoria - una minoranza, verrebbe da dire, visto che tendiamo a dimenticare tutto - rammenta bene che alle Albere un tempo c'era la sede del Mart. Ed è lì che sono arrivate per la prima volta, in questa terra che resta periferica pur sentendosi il centro del mondo, le opere di grandi artisti che abbiamo scoperto, riscoperto, amato.

Se solo la giunta provinciale non si comportasse sempre come se si fosse insediata ieri e se solo il Comune non si considerasse perennemente a fine corsa (anche se si vota fra un anno, salvo sorprese), il duello potrebbe trasformarsi in un grande e sano dibattito.

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