«Natura da vivere» vs «Natura da cartolina»

di Alessandro Beber

Per inaugurare questo spazio-blog legato al mondo della montagna, vorrei partire da un presupposto del tutto banale ma ugualmente degno di riflessione: anche se non sempre siamo in grado di percepirlo e apprezzarlo, abbiamo la fortuna di vivere in uno dei luoghi più belli del Pianeta.

La diversità ambientale (ambiente = natura + uomo) che ritroviamo all'interno di un'area relativamente piccola come il Trentino è stupefacente e unica sotto ogni aspetto: geomorfologico, paesaggistico, storico-culturale... Per non parlare della stagionalità, che ogni tre mesi circa cambia le carte in tavola e ci regala nuove prospettive ed opportunità.

Noi la diamo ovviamente per scontata, ma è bene ricordare che i due terzi della popolazione mondiale vive entro le latitudini tropicali, dove di stagioni al massimo ce ne sono una secca e una umida. Niente colori autunnali e niente neve, per intenderci.

Bene, una delle critiche che spesso sento avanzare nell'ambito del mio lavoro, è che il nostro territorio è sovrappopolato, iper-sfruttato e «poco selvaggio».

Vero, senza dubbio, ma se da un lato dobbiamo guardarci dagli eccessi che minano il delicato equilibrio della regione, dall'altro mi chiedo se quanti invocano la wilderness l'abbiano mai sperimentata in prima persona.

Non che sia un'opzione possibile, visto che il nostro territorio è colonizzato da secoli e la mano dell'uomo ha raggiunto da tempo ogni angolo sfruttabile, ma giusto per capire se sia un desiderio ponderato o piuttosto un'idealizzazione astratta di un modello sconosciuto.

Mi sono interrogato a riguardo nel corso di alcuni viaggi, ad esempio in Canada e in Nuova Zelanda, dove mi è capitato di avvertire una sensazione di restrizione insolitamente contrastante con i grandi spazi che avevo di fronte.

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La stupore di fronte a certe distese sconfinate, fossero foreste, praterie o caten

e montuose, lasciava velocemente il posto ad una sensazione di impotenza derivante dal fatto che quella Natura era perlopiù inaccessibile.

Sarà forse una deformazione professionale, poiché gli alpinisti fanno fatica a godere la vista di una montagna senza desiderare di salirci, ma è stato un processo spontaneo mettere a confronto queste realtà con quella nostrana.

La differenza credo stia appunto tra una «natura da vivere» da una parte, e una «natura da cartolina» dall'altra. «Da cartolina» nel senso che è bella da vedere da lontano, magari dal finestrino della macchina, e si presta a scatti fotografici spettacolari, ma offre molte meno opportunità di entrarci, di toccarla con mano, di viverci delle esperienze dirette.

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Badate che non si tratta di un ragionamento strettamente personale, visto che in linea di massima gli alpinisti amano appunto esplorare luoghi poco accessibili e ambienti ostici, ma di uno scrupolo che riguarda il 90% dei fruitori della montagna, siano essi escursionisti, famiglie con bambini o semplici appassionati che vogliono avvicinarsi alla natura in maniera non troppo estrema.

In effetti molti dei turisti d'oltreoceano che mi capita di accompagnare, mi hanno dato un riscontro che va in questa stessa direzione: si stupiscono di come qua da noi anche per delle persone normali sia possibile entrare dentro alle montagne e viverci mille, piccole, grandi avventure.

Giusto per fare un esempio, la realtà dei rifugi gestiti in quota è un qualcosa di semi-sconosciuto al di fuori delle Alpi: nei grandi parchi americani, come in Nuova Zelanda, nella migliore delle ipotesi i punti d'appoggio sono costituiti da bivacchi dov'è necessario portarsi cibo, fornelletto, sacco a pelo, etc. (tradotto vuol dire che qualsiasi trekking è riservato a persone in grado di portarsi 15kg sulle spalle per più giorni).

Stesso discorso per malghe, agritur e affini: avere la possibilità di scoprire la cultura e le tradizioni di un luogo, anche solo attraverso l'enogastronomia, e abbinarle ad un'escursione/immersione nell'ambiente naturale è un'esperienza indimenticabile per molti.

Oppure le ferrate, i giri in bicicletta, le scalate, lo sci fuoripista...un'infinità di opportunità uniche nel loro genere eppure diversificate a seconda delle esigenze.

Si potrebbe disquisire a lungo sull'opportunità di sfruttare questo immenso potenziale promuovendo di più le vacanze «attive», visto il risibile costo d'investimento e il basso impatto ambientale, ma credo che il primo passo sia rendersi conto di dove viviamo, apprezzarlo in prima persona e farlo apprezzare ai nostri figli, e smetterla di credere che l'altrove sia sempre un luogo migliore.

In fondo, delle persone consapevoli e orgogliose della propria terra, sono anche delle persone più felici.

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