Ricucire le divisioni, priorità dell'Italia

Ricucire le divisioni, priorità dell'Italia

di Giancarlo Bregantini

Il compito principale, dopo questa svolta politica e culturale del popolo italiano, che ha risposto con grande partecipazione e mobilitazione alle elezioni del governo, è avviare percorsi comuni e nuovi. Ovviamente non va trascurato il fenomeno di questa Italia divisa in due. Quella che abbiamo davanti è veramente una geografia spinosa, che speriamo non porti all’ingovernabilità. Concretizzare rimane il verbo politico per eccellenza.

Dopo le tante analisi, ora per le forze politiche è prioritario lasciarsi interpellare dal grido del popolo e recuperare la sua fiducia che non è cosa da poco. Non si può trascurare la disaffezione collettiva, lo scetticismo che ha regnato e regna ancora verso le istituzioni. La gente, con l’avvento della crisi, ha sofferto il peso dello spreco, il dramma di una gestione non solidale delle risorse pubbliche. Ora il tesoro va restituito alle famiglie italiane. Ora, perciò, c’è la necessità di ricucire l’argine così ampio che si è creato tra le promesse e le azioni conseguenti, per renderle fattive. Dopo tanto deserto, è tempo che il popolo venga rinfrancato con interventi mirati guarendone la sete, rilanciando strade di riscatto, rendendo ogni territorio produttivo. Specie al Sud.

Trasformare cioè le idee in progetti. I sogni in segni. I problemi in risposte. Cioè quel bisogno di cambiamento che si respira fortemente dappertutto, proprio perché è finito il culto dell’illusione. In fondo, c’è già nello statuto sociale del nostro Paese: cambiare come atto di disponibilità verso il futuro. Vedo nella scelta dell’Italia lo stesso gesto che opera il girasole: cerca luce, calore, primavera. E ancor di più trovo analogia con la stessa dinamica del figliol prodigo che, quando sperimenta il precipizio, il vuoto dell’abuso e della dissolutezza, fa memoria della casa paterna e si sforza a convertire il suo cuore per farvi ritorno.

E questo ci consegna certamente una serie di urgenze che, stavolta, non si possono più rimandare o tralasciare. La sfida più importante di oggi è questo urgente impegno a incoraggiare, per costruire insieme, partito con partito, modelli aperti a valori grandi, per soccorrere le priorità indeclinabili. Sono l’occupazione giovanile, l’incremento demografico, il riscatto di ogni forma di povertà, in contesti dove si tende ancora a scoraggiarsi, a suicidarsi, a non lottare né a sperare più. Il paradigma richiesto su tutti i fronti antropologici è che il potente fraternizzi con colui che ha reso povero, che l’indifferente si chini sugli scartati. Soprattutto ora è necessario che la generazione più matura solidarizzi con quella più giovane. La storia, prima di curarsi di dare frutti, deve fare i conti con le sue nascoste radici. La prima cosa da fare è mettere fine alla mercificazione dei diritti dei cittadini, per togliersi, reciprocamente, come partiti, le varie pagliuzze dentro gli occhi.

Quelle pagliuzze che spesse volte hanno reso cieca la stessa Politica verso il pianto dei disoccupati, degli imprenditori, dei giovani costretti a lasciare la propria terra. Ma anche come Chiesa abbiamo davanti un vasto campo di missione, educativo, per rendere salde e più umane le reti sociali, fronteggiando insieme le questioni e i disagi più allarmanti.  Con stile contemporaneo, cioè di «oggi». Proprio dove si ergono spazi di disperazione, di emarginazione o di corruzione, che restano, in fondo,i tre veleni peggiori che dobbiamo contrastare.

Cosa augurare ai nostri politici che speriamo possano mettersi presto a lavoro, articolando un’agenda programmatica lungimirante e reale?

Raccomando loro di rileggere il sempre più attuale decalogo del buon politico, composto da don Luigi Sturzo proprio settant’anni fa, nel 1948:

  1. È prima regola dell’attività politica è essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso.
  2. Se ami troppo il denaro, non fare attività politica.
  3. Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge, per un presunto vantaggio politico.
  4. Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.
  5. Non pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori.
  6. È più facile dal No arrivare al Si che dal Sì retrocedere al No. Spesso il No è più utile del Sì.
  7. La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.
  8. Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
  9. Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini.
  10. Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.


Non ci resta che mettere in pratica, tutti insieme, queste linee di speranza e di Bene comune.

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