Ri, un prefisso da rivalutare

Ri, un prefisso da rivalutare

di Paolo Ghezzi

Ottobre, mese di svolte fatali. La rivoluzione di Lenin. La riforma di Lutero.
Una riforma più rivoluzionaria (ma nel Cinquecento il termine era di là da venire) della rivoluzione russa, che è finita malissimo per i russi (e per i rivoluzionari di ogni parte del mondo che ci hanno creduto).

Il rosso delle bandiere inzuppato di rosso sangue: che peraltro è fluito anche tra riformatori rivoltosi e controriformatori conservatori. Cristiani fraternamente feroci tra loro. La rivoluzione più bella resta quella di un manifesto del Manifesto, di qualche anno fa: un neonato che dorme beato, col pugnetto chiuso alzato, e lo slogan «La rivoluzione non russa».

Le due parole - riforma e rivoluzione - non godono oggi di buona salute. I riformatori si sono stancati di sognare riforme che non riescono a realizzare. I rari riformisti ragionevoli sono scherniti da orde di populisti irrazionali. I rivoluzionari sono una specie in via di estinzione mentre sopravvivono solo le loro parodie (come in Corea del Nord).
Papa Francesco è forse l'unico vero rivoluzionario rimasto, proprio perché propone di ritornare al passato, a parole di duemila e di mille anni fa: riconvertirsi, rigenerarsi, ripartire dal Vangelo e da Francesco d'Assisi, riformatore ribelle.
Va rivalutato dunque il prefisso «ri», che indica l'esigenza, sia dei riformatori sia dei rivoluzionari, di ritornare alle origini, alla purezza degli ideali, alla forma iniziale, al nucleo intatto delle intenzioni.

La rivoluzione viene dall'orbita dei pianeti, che fanno un giro nell'universo per poi ricominciare daccapo.
Rinascere, che bella parola. Risorgere, anche. Risuscitare (una vita, una speranza, un progetto).
Più terra terra, non sono male il rilancio, il ricupero, la ristrutturazione, la ricostruzione, la riuscita, la ripartenza. E neppure la rivincita e la riconquista, quando non sono sanguinose e vendicative.

Non sarebbe una brutta parola il riformatorio, nei buoni propositi di riscattare giovani vite sbarellate. Meravigliosa, anche se un po' banalizzata a scuola, è la parola ricreazione.
Ecologici sono il riuso, il riciclaggio (escluso quello criminale), il rimessaggio.
Saggezza ci vuole per ricomporre, riequilibrarsi, ripensare ripensarci e ripensarsi.
Per ritrovare, rifondare, riprendere, riandare.

Buono e giusto è riconoscere e riconoscersi (anche carenti, anche colpevoli, anche fragili, anche deboli, anche imperfetti) riaversi, riscattarsi.
Da rivalutare sono la sorpresa di rivedersi, la gioia di riabbracciarsi, la misteriosa grazia del ripetersi (silenzioso, non pubblicizzato) del bene quotidiano. Dell'eterno risvegliarsi della forza della vita. Del ricominciare, all'alba.

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