Ossessione meteo: comanda la App

Ossessione meteo: comanda la App

di Lucio Gardin

Questo è il settembre più caldo dell’ultimo mezzo secolo. Per ricordarmi un settembre così rovente devo tornare nella memoria all’estate del 1969, quando mio padre mi buttò un mozzicone di sigaretta nella culla.

Questo caldo ci disorienta perché non era previsto, e il trend delle ultime estati è conoscere in anticipo il tempo che farà. È la malattia di quest’epoca tecnologica: pre-vedere per non lasciare nulla al caso. Quest’estate non si preparavano valigie, non si andava in montagna in piscina o al lago prima di avere controllato la App del meteo. C’è gente che guardava il meteo anche alla domenica, che d’estate la domenica piove sempre, lo sanno tutti che non occorre guardare il meteo.

La mia vicina di casa, se il telefonino riportava che alle 15 avrebbe piovuto a Levico, pianificava di rimanere lì fino alle 14.45 poi si spostava a Caldaro fino alle 18 (quando pare che si annuvolerà) e a quel punto andava a Malcesine (dove la App dice che non pioverà fino le 20). Il problema è che manteneva il timing degli spostamenti, anche se il meteo era disatteso. Non si rassegnava all’evidenza, e alle 14.45 sotto un sole cocente, raccoglieva asciugamano e sdraio: «Io vado». «Ma dove vai?». «A Caldaro perché il meteo dice che alle 15 qua pioverà». «Ma se non c’è neanche una nuvola!». «In cielo no, ma guarda sul telefonino!».

E prima che inventassero le App sul cellulare, si basava sulla prova TV: quando vedeva sulla lavagna nuvolette o fulmini, lei rimaneva a casa. Non prendeva neanche in considerazione il fatto che nei programmi meteo qualche nuvoletta si trova lì perché hanno dimenticato di spostarla dal giorno prima. E stava tutto il pomeriggio a casa, in attesa che piovesse, anche se il sole colava i serramenti.

Il problema dei meteoropatico dipendenti, è che quando le previsioni sono disattese s’innervosiscono e iniziano a soffrire di disturbi gastrointestinali, non a caso chiamati meteorismo. Personalmente mi fido solo della App del mio ginocchio: se fa male, cambia il tempo. Però invidio il lavoro del meteorologo; essere pagato per avere ragione la metà delle volte che parli non capita spesso.

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