La difficile arte di costruire il domani

La difficile arte di costruire il domani

di Carlo Andreotti

L’editoriale del direttore Alberto Faustini, induce ad alcune riflessioni riguardanti «una nuova stagione politica che rischia di non iniziare mai» data la presenza sulla scena dei soliti noti, nella fattispecie l’immarcescibile duo Malossini - Grisenti. L’articolo prende le mosse dalla rivoluzione politica del 1994.

Una rivoluzione che portò «il Patt di Carlo Andreotti a conquistare le chiavi del palazzo di piazza Dante». A quella rivoluzione, contrassegnata pochi mesi dopo dall’irruzione sulla scena di personaggi come Berlusconi e Bossi, ma anche dalla nascita delle liste Civiche, seguì, come spesso accade, reazione e restaurazione. La DC si riorganizzò, auspice Lorenzo Dellai, nella Margherita perpetuando antichi vizi e virtù (premio Margherita e Magnadora), mentre gran parte del mondo socialista, corrente craxiana, trovò rifugio in Forza Italia.

Tolte alcune varianti si può condividere il richiamo del direttore al Gattopardo: tutto cambia per non cambiare nulla. Se questo avviene la colpa non va tuttavia ascritta ai protagonisti della vecchia politica che resistono sulla scena ad onta del trascorrere del tempo e del mutare delle condizioni politiche, ma alla mancanza di alternative credibili e all’altezza. È proprio la loro inossidabile presenza a riproporre il mai risolto tema della qualità della classe politica. E qui le colpe sono diffuse.

Tralasciamo la scomparsa del ruolo dei partiti e delle scuole di formazione, ma guardiamo al clima che si respira nel Paese. La politica oggi non esercita più alcuna attrattiva, specie sui giovani, anzi è comodo e scontato bersaglio per ogni tipo di critica, anche la più feroce e immotivata. Certo, i politici ci hanno messo molto del loro per finire nel tritacarne, ma non è criminalizzando quotidianamente la classe politica che si può costruire una nuova classe dirigente e rendere la politica di nuovo attrattiva per persone non solo oneste e di buona volontà, ma anche culturalmente, economicamente e politicamente attrezzate. Purtroppo oggi il clima è da basso impero. Chi si occupa della cosa pubblica, anziché essere apprezzato, quando non viene criminalizzato deve subire l’affermazione di troppi «se lo fa, avrà i suoi interessi. Nessuno fa niente per niente».

In questa situazione quale persona di successo, quale professionista affermato, quale dirigente d’azienda, quale “lavoratore in carriera”, quale personaggio di comprovata esperienza e capacità è disposto oggi a scarificare tutto per gettarsi nell’agone politico caratterizzato da un clima perennemente avvelenato, dove nella migliore delle ipotesi sei guardato con sospetto, criminalizzato a prescindere, definito mangiapane a tradimento pagato con i miei soldi? Dove anziché di lavorare per il bene comune ci si occupa quotidianamente del male sia dell’alleato che dell’avversario, con un’opinione pubblica che spesso fa di ogni erba un fascio e una magistratura all’interno della quale settori sempre più ampi si dimostrano politicizzati?

Se Malossini e Grisenti oggi sono ancora sulla scena non è certo né per merito, né per colpa loro, ma perché nel proprio ambito operativo politico nessuno è riuscito a trovare alternative se non migliori, almeno più attraenti. Cosa che al contrario hanno saputo fare altri, a cominciare dalla Lega, o dagli Autonomisti popolari di Kaswalder e pochi altri, premiati poi dall’elettorato.

Esiste poi un altro problema, legato sempre alla qualità della classe politica. Un politico di valore non ha problemi a circondarsi di collaboratori all’altezza, di persone capaci e stimate. Un politico mediocre invece, nel timore che collaboratori troppo bravi possano fargli ombra, è portato a circondarsi di persone che non possono creargli questo tipo di preoccupazioni. La conseguenza è la messa in moto di una spirale che ci porta inesorabilmente verso il basso. Come uscirne? Ricreando le condizioni per ricostruire un clima politico di fiducia, dando forte importanza all’educazione civica nelle scuole, ragionando in positivo, motivando le persone a occuparsi di politica nel senso nobile di vita della polis, della Heimat, del bene comune. Le persone ci sono, è necessario motivarle. Penso al meraviglioso mondo del volontariato, ricco di personaggi capaci, disinteressati ed encomiabili. Perché costoro non si occupano di politica? E se lo hanno fatto si sono ritirati in tutta fretta, o sono stati messi rapidamente nella condizione di farlo? Un tema meritevole di profonda riflessione.

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