Genitori di disabili il nostro calvario

Genitori di disabili il nostro calvario

di Claudio Stenghele

Da 14 anni, questa è l'età del mio primogenito Giovanni, ho scoperto un mondo che non conoscevo, quello della disabilità, nel senso più ampio del termine. Quel mondo che da principio mi sembrava un qualche cosa da osservare, con cui sembrava difficile interagire, poi ho capito essere lo stesso per tutti noi, non un qualche cosa di staccato.
Crescere un figlio con disabilità rivoluziona la scala delle nostre priorità, ci aiuta a fare ordine nella nostra vita e a cogliere, certo non per meriti ma per naturale conseguenza, le debolezze della nostra società nel campo del sostegno delle persone che hanno una qualche difficoltà.
Essere un genitore di un ragazzo con difficoltà è anch'essa una forma di invalidità che si impara ad affrontare.
Da principio si ha subito la sensazione che tutto sia in salita, che non ci siano gli aiuti necessari, che per i nostri figli i servizi non siano mai sufficienti.

Questo non perché si pretenda qualche cosa ma perché proprio come qualunque genitore siamo preoccupati del loro futuro.
Con il passare degli anni riusciamo a disegnare in modo sempre più preciso lo spazio dei nostri figli all'interno della società passando dai centri abilitativi per l'età evolutiva come il Paese di Oz nel caso di mio figlio, ma ovviamente vale anche per tanti altri centri, alla scuola.
Il passaggio alla scuola significa una prima classificazione. Ecco, tutti i nostri figli con difficoltà di apprendimento, indistintamente vengono classificati sotto un'unica sigla: Bes (bisogni educativi speciali), alunni con disabilità, per il cui riconoscimento è necessaria la presentazione della certificazione ai sensi della legge 104/9, alunni con disturbi evolutivi speciali (disturbi di apprendimento, di linguaggio, di attenzione, di iperattività) e alunni con svantaggio sociale-culturale e linguistico.
Dal guscio della famiglia e del mondo infantile che, pur avendo regole e limiti è elastico e si adatta al meglio alle esigenze dei bambini ad un tratto siamo catapultati in una realtà che non mette più al centro le loro esigenze ma i posti di lavoro degli insegnanti, le graduatorie e soprattutto le risorse destinate alla scuola in generale e in particolare ai bisogni educativi speciali. Negli ultimi quattro anni in particolare le risorse provinciali sono state tagliate, anno dopo anno. I nostri figli sono stati «codificati» in una tabella di codici e parametri e in un sistema di distribuzione delle risorse rivisto 4 o 5 volte in poco tempo dimostratosi disastroso. 

Assistiamo ad un vero e proprio mercato delle ore di sostegno con i dirigenti scolastici che si rivolgono al dipartimento della Provincia trattando anno dopo anno quasi in competizione tra loro l'assegnazione delle risorse. La scorsa estate è stata la più drammatica. Le nostre famiglie hanno trascorso le vacanze estive senza avere la sicurezza che a settembre ci sarebbe stato un aiuto per i propri figli. 

Siamo di fronte ad un sistema che non funziona. Ci raccontano che tutte le risorse disponibili sono state assegnate, ma l'errore è proprio qui. Non si tratta di quantità ma di qualità. Si tratta di giustezza nella distribuzione, di metodo, di reale valutazione delle esigenze dei nostri figli. Per questo da anni con forza chiediamo alla Provincia di dotarsi di uno strumento di valutazione dei nostri ragazzi. Uno sforzo iniziale importante per una prima fotografia dei 2500 circa aventi bisogno che poi si ridurrebbe drasticamente per valutare anno dopo anno i nuovi casi.
Nel 2017/2018 non sono state messe a disposizione le giuste risorse. Con fatica i genitori si sono dovuti arrangiare e combattere per avere un aiuto. Ci siamo sentiti quasi in colpa nel chiedere un qualche cosa che spetta ai nostri bambini e ragazzi. Una provincia che deve cominciare a gestire il bene pubblico con gli stessi criteri del buon padre di famiglia sapendo garantire prima le risorse per le categorie più deboli e poi programmare altre spese.  

Ad un recente incontro in Anffas mi è stato chiesto cosa mi spaventi come genitore per il futuro di mio figlio. Ho risposto che mi preoccupa l'arroganza di chi ci sta amministrando, la tuttologia che dilaga nella politica, miope e sorda di fronte alla voce flebile e troppo spesso rassegnata di tutti quei genitori che non dormono di notte pensando che i loro figli sono un peso per una società che non ha il coraggio di trattarli come persone, perché più comodo raggrupparli dentro una sigla e marchiarli con un codice.
Già sappiamo che a settembre 2018 ci saranno altri tagli. Questa volta però non staremo zitti a guardare. Vogliamo poter dire la nostra e soprattutto vogliamo che la politica si affidi a degli esperti per rivedere lo strumento di valutazione per la distribuzione delle risorse.

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