La scuola stimoli il pensiero critico

La scuola stimoli il pensiero critico

di Paola Venuti

Sicuramente a tutti noi è capitato di vedere un bambino in passeggino muovere con destrezza un tablet e guardare estasiato i cartoni animati o altre figure che si muovono sullo schermo. Ci siamo meravigliati, apprezzando la competenza del piccolo che sa già manovrare questi strumenti, ma ci siamo anche domandati «non gli farà male così piccolo?». Una domanda che assume ulteriori connotazioni rispetto all’apprendimento, alle relazioni, allo stare nel mondo con il crescere dell’età dei bambini.

A questi interrogativi vuole offrire spunti di riflessione, basati su studi, ricerche e buone pratiche l’edizione di Educa che inizia oggi a Rovereto. Oltre settanta incontri, dibattiti, laboratori, spettacoli.

Oltre settanta incontri, dibattiti, laboratori, spettacoli per attivare un pensiero critico e responsabile sulla diffusione e l’uso delle tecnologie nella vita quotidiana in età evolutiva. In un’ottica multidisciplinare, che vede coinvolti nella discussione pedagogisti, filosofi, sociologi, economisti, politici, psicologi, neuroscienziati, medici, ricercatori, matematici, genitori, insegnanti, giovani e adolescenti, «Educa» ci vuole condurre ad una integrazione agita e non subita delle tecnologie che sono ormai protagoniste del nostro quotidiano.

Le tecnologie digitali sono i nuovi mezzi «abituali» di comunicazione; in modo «nativo» per i giovani, il mondo della comunicazione attraverso i social ha creato spazi di espressione inimmaginabili che hanno aperto i confini del tempo e dello spazio, che integrano in modo intricato quanto scritto da amici e coetanei ma anche da persone che interpretano altre persone e, in modo sempre crescente, quanto prodotto da strumenti di intelligenza artificiale. In uno scenario così trasformato, in particolare attraverso le strutture scolastiche, si deve mantenere e anzi rafforzare la capacità di educare al pensiero critico.

Deve entrare in gioco una scuola che si sappia innovare per mantenere la sua funzione educativa, sviluppando nella dimensione digitale la visione della scuola come comunità di apprendimento, dove la didattica frontale è ripensata per lasciare spazio alla didattica partecipativa, alla realizzazione di progetti condivisi a cui docenti e alunni partecipano al percorso di costruzione del sapere.

Esperienze di questa nuova idea di scuola, sperimentata ad esempio dall’Istituto Artigianelli di Trento, mettono al centro la capacità degli allievi di risolvere problemi complessi a stretto contatto con il tessuto produttivo, economico e sociale del territorio, proponendo le nuove tecnologie come percorso attivo accompagnato da nuovi esempi di tutoraggio e vicinanza a ricercatori e insegnanti. Attraverso situazioni di condivisione dell’esperienza è possibile educare al pensiero critico senza negare agli studenti la possibilità di usare forme sempre più veloci di accesso alle informazioni.

Non è facile educare alla crescita nelle competenze digitali perché è ormai chiaro che oltre a saper gestire come processo mentale la fruizione quasi istantanea della conoscenza, bisogna acquisire quanto la veridicità delle informazioni vada continuamente verificata e provata, spesso resistendo alla forza delle relazioni sociali a cui siamo programmati a rispondere.

Il 94,7% degli adolescenti trentini si collega tramite smartphone alla rete, così come emerge dall’indagine sulla «generazione Z» condotta da Iprase Trentino, in collaborazione con l’Istituto Toniolo, e solo il 4% da un computer fisso. In pochi anni l’accesso alla rete è diventato immediato e continuo i giovani dichiarano che nella vita «on line» è più facile esprimersi, dichiarare emozioni, opinioni, ed apparentemente essere più schietti. Sembrano modificati alcuni aspetti fondamentali della vita e delle relazioni sociali. In effetti grazie all’accesso a smartphone e tablet in età precocissima si sviluppa la capacità di interagire e creare filmati e foto la cui condivisione è parte delle relazioni. Spesso isolando il mondo degli adolescenti e, anche dei piccoli, da quello egli adulti.

Sono indubbi sia gli aspetti di creatività che di omologazione tra pari; forse sono sempre gli stessi universali declinati con velocità e presa interiore più efficace di quelli a cui siamo stati abituati fino ad ora.
Contemporaneamente, il fenomeno di una vita vissuta fortemente se non esclusivamente nella dimensione digitale è un rischio concreto per gli adolescenti di oggi e quindi per gli adulti di domani. Proprio l’approfondimento di quello che è il mondo dei giovani, dei loro bisogni, delle loro competenze e potenzialità, è l’obiettivo di molti momenti di «Educa 2018», dove cercheremo di trovare elementi positivi, questioni aperte, e opportunità nell’uso delle tecnologie digitali.

Tra le opportunità che discuteremo assieme in Educa troviamo la possibilità di modulare contenuti, tempi di attenzione, motivazione: ecco allora come la tecnologia digitale facilita l’insegnamento individualizzato e l’inclusione attraverso il potenziamento di competenze cognitive e un accesso facilitato agli apprendimenti. E allo stesso tempo, ci saranno momenti di riflessione e approfondimenti scientifici sul continuo mescolarsi di aspetti innovativi e di paura che l’adozione delle tecnologie digitali ci conduca ad appiattire le sfumature dell’umano, rinunciando alla socializzazione, alla vicinanza e che a poco a poco ci trasformi in macchine programmabili.

Ancora una volta la missione di Educa ci porta a dialogare sulla presenza di difficoltà e rischi ma anche di vantaggio del cambiamento che richiedono una alta responsabilità educativa nella assunzione che educare garantisce il futuro delle nuove generazi

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