Cittadinanza, ecco i vincoli

di Gianfranco Postal

Un argomento, così delicato e difficile, e una iniziativa come quella formulata dal Cancelliere austriaco, impongono quanto meno una premessa; è infatti necessario sgombrare il campo da ogni dubbia interpretazione: l'ipotesi di concessione della (doppia) cittadinanza austriaca ai sudtirolesi di lingua tedesca e ladina sulla base di un atto unilaterale appare inammissibile, innanzitutto sul piano del metodo; infatti non si è fatta attendere una sorta di «correzione di rotta». 

La questione della doppia cittadinanza, peraltro, può avere anche altri e ben diversi significati e valenze. Basti pensare alle popolazioni o anche solo ai gruppi di persone coinvolte in mutamenti territoriali e quindi dei confini degli stati europei negli ultimi due secoli, per effetto degli eventi bellici e dei conseguenti trattati di pace. Solo nel nord dell'Italia aree di confine, con popolazioni di lingua diversa sono presenti, oltre che in Trentino Alto Adige, in Valle d'Aosta e in Friuli Venezia Giulia. In situazioni simili la doppia cittadinanza può avere anche un diverso significato e il confronto può svolgersi in un contesto positivo, di superamento dei confini, di integrazione e cooperazione tra popoli. Anche la nostra stessa Costituzione, pur non trattando direttamente il tema della doppia cittadinanza, prevede, all'articolo 51, che la legge possa, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Inoltre la legge italiana sulla cittadinanza (legge 5 febbraio 1992, n. 91) prevede casi di doppia cittadinanza, seppure entro certi limiti, ma comunque riferiti a singole persone. Sono previsti anche casi di riconoscimenti «collettivi», riferiti a pluralità di persone, ma in riferimento ad accordi internazionali: infatti la medesima legge italiana citata (articolo 17-ter), prevede che sia riconosciuto il diritto alla cittadinanza italiana ai soggetti che siano stati cittadini italiani, già residenti nei territori facenti parte dello Stato italiano, successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace (firmato a Parigi il 10 febbraio 1947), ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975. La stessa opzione è data anche alle persone di lingua e cultura italiana che siano figli o discendenti in linea retta dei soggetti che siano già stati cittadini italiani e che si trovino nelle condizioni sopradescritte. 

Per altro verso anche la cittadinanza europea, della quale tutti siamo titolari dai tempi del Trattato di Maastricht che l'ha introdotta (1992), pur configurandosi come una cittadinanza integrativa di quella del proprio Stato, ha comunque una qualche simile valenza, se non altro in quanto anch'essa produce in ciascuno di noi un incremento di diritti e di doveri e responsabilità nuove. Infatti l'articolo 9 del Trattato sull'Unione Europea (TFUE) prevede che la cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce, ma è anche quella che ci da il diritto di eleggere il Parlamento europeo e di essere eletti in quel Parlamento, in quanto l'Unione, come recita l'articolo 10 del Trattato stesso, si fonda sulla democrazia rappresentativa. Cittadinanza che consente, ad esempio, ad un certo numero di cittadini appartenenti a diversi Stati dell'Unione, quindi un gruppo di cittadini europei, di attivare una sorta di «potere di iniziativa popolare» invitando la Commissione europea a presentare una proposta di atto giuridico dell'Unione (articolo 11 TFUE).  

Se poi guardiamo ad altri Stati dell'Unione Europea (Documentazione Camera Deputati): possiamo osservare l'esistenza di situazioni molto diverse: la Francia non stabilisce distinzioni fra coloro che hanno una doppia cittadinanza (non importa se straniero divenuto francese o francese divenuto straniero) e tutti gli altri francesi, per quanto riguarda i diritti e i doveri legati alla cittadinanza. Il possesso di una o più altre nazionalità non ha, in linea di principio, alcuna incidenza sulla cittadinanza francese. In Germania, nella normativa vigente, salvo specifiche eccezioni, resta valido il principio generale per cui non è ammessa la cittadinanza doppia o plurima (Vermeidung von Doppelte Staatsangehörigkeit - Mehrstaatigkeit). Coloro che intendono acquisire la cittadinanza tedesca attraverso la naturalizzazione devono, quindi, rinunciare a quella d'origine, salvo autorizzazione specifica.  

Vi sono dunque accezioni diverse dell'importante, quanto tecnicamente e politicamente complesso argomento della (doppia) cittadinanza. Il fatto che l'argomento della cittadinanza per la popolazione di lingua tedesca fosse rilevantissimo anche nell'ambito dell'accordo Italia-Austria del 1946 (paragrafo 3) e poi del Pacchetto del 1969 (misura 134) e che in tali sedi la soluzione fosse fondata proprio sul principio della reciproca consultazione e della concertazione tra le Parti, ci dice anche come questo tipo di approccio sia quello possibile per affrontare problematiche di questo genere. Questo, naturalmente, nel caso in cui si insistesse nel ritenerlo prioritario e irrinunciabile. In tal caso, però, qualsiasi genere di confronto non potrebbe che essere calato nella realtà attuale e tenere conto delle evoluzioni intervenute nello specifico contesto nel quale oggi viviamo, di ordine giuridico, istituzionale, culturale, socio-economico, anche in ambito europeo. Contesto, nel quale si sono costruite nel tempo anche nuove e significative relazioni istituzionali a carattere transfrontaliero, non ultimo il Gruppo europeo di cooperazione territoriale Tirolo-Alto Adige-Trentino, denominato Euroregione. In questo senso si dovrebbe pur tener debito conto del filo storico e logico che lega l'accordo di Parigi, il Pacchetto del 1969, la chiusura della vertenza avanti all'ONU del 1992, con quella norma di attuazione statutaria (d.lgs.266/1992), che si richiama direttamente ed esplicitamente allo stesso Accordo di Parigi; norma, che è stata oggetto di voto favorevole dei Governi e dei Parlamenti di entrambe le Parti e che qualifica la intervenuta attuazione delle misure del Pacchetto come «ulteriore garanzia della speciale autonomia della Regione Trentino Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano».
Gianfranco Postal
Già dirigente generale della Provincia
e magistrato della Corte dei Conti

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