Italia, la tragica fine dell'educazione

Italia, la tragica fine dell'educazione

di Sandra Tafner

Dimenticheremo presto la storia di Antonio Stano, l’uomo di Manduria oggetto delle ripetute violenze da parte di una banda di ragazzi che volevano divertirsi non avendo niente di meglio da fare. L’anziano adesso è morto, i ragazzi sono sconcertati, non pensavamo che ci fossero conseguenze così gravi - dicono - andavamo solo a sfottere “il pazzo”. Un modo per ammazzare la noia. Le scene venivano registrate e poi fatte girare, altrimenti che gusto c’è. Pare che tanti in paese avessero guardato quei video sulle chat, sputi e sberle e bastonate, tutto era permesso, tutto sarebbe andato avanti così se il poveretto non fosse morto.

Potremmo definirli stupidi o ignoranti o incoscienti? Potremmo, ma qualsiasi definizione resta una formula di fronte a episodi che si ripetono, cambiano i protagonisti ma restano i fatti immersi nella nebbia di una confusione totale tra virtuale e realtà. Non lasceremo nulla al caso, assicura il procuratore, compresa l’indagine sui silenzi, che talvolta uccidono.

Dimenticheremo presto la storia del presunto stupro di Vallerano, per 6 ore due giovani di 19 e 21 anni in azione su una donna di 36 che definiscono consenziente, cosa che può lasciare qualche serio dubbio visto lo stato in cui la vittima si trovava, viste le conseguenze dei pugni sul viso che difficilmente si sarebbe data da sola. È stata una bravata. Ma sì, anche questa volta per noia, anche questa volta per gioco. Gli avvocati difensori assicurano che i due si sono visti crollare il mondo addosso, non si aspettavano che ne venisse fuori un pandemonio del genere e stanno soffrendo molto per essere finiti in carcere per violenza sessuale aggravata dalla minorata difesa, violenza sessuale di gruppo e lesioni. Ci sono i video, immagini raccapriccianti le definisce il gip.

Dimenticheremo presto la storia della banda di ragazzi che sta terrorizzando il quartiere di Lucento a Torino. Una decina di giorni fa hanno fermato un autobus  e inseguito un coetaneo per rapinarlo. Pare che tutti li conoscano ma nessuno parla perché c’è paura delle rappresaglie, loro non si fermano davanti a nessuno, sono aggressivi, si divertono a fare a botte, sono invincibili.

Ci siamo già dimenticati la storia di Napoli, quando un vigilante venne aggredito a bastonate da una banda di ragazzini che volevano la sua pistola. Dopo 12 giorni di agonia l’uomo è morto.

Ci siamo già dimenticati la storia di Massa, quando due minorenni e un maggiorenne tentarono di uccidere un sedicenne accoltellandolo alla gola per vendicare l’apprezzamento su una ragazza postato sui social.

Ci siamo già dimenticati la storia di Varese quando un quindicenne venne sequestrato in un garage da quattro ragazzini di terza media, legato a una sedia e torturato per ottenere informazioni su un tale che avrebbe avuto con loro un debito per droga.
Ci siamo già dimenticati la storia di Sesto San Giovanni quando un anziano venne pestato da sette minorenni e un diciottenne per una sigaretta.

Ci siamo già dimenticati la storia di Palermo quando un sedicenne collegato a una banda uccise un senzatetto per rubargli 25 euro.
L’elenco risale a pochi mesi fa e ci fermiamo. Sarebbe un grande risultato che si cominciasse a pensare a quanto sta succedendo, a quel che si dovrebbe fare per arrestare la corsa nel vuoto. Lo psichiatra Vittorino Andreoli afferma che ogni uomo nasce buono, a renderlo cattivo ci pensano poi l’esperienza e l’educazione. E per educare si intende insegnare a vivere e insegnarlo insieme, la famiglia, la scuola, la società, i politici che amministrano e devono individuare i bisogni e realizzare le condizioni per soddisfarli. Già lo diceva Platone. Tanto per cominciare potremmo partire da cultura e lavoro. Ma pare che abbiamo perduto l’orientamento e troppo spesso chi dovrebbe dare l’esempio non sa che esempio deve dare.

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