Le responsabilità di chi governa

Le responsabilità di chi governa

di Sandra Tafner

Strada piena di buche quella percorsa in due anni da Virginia Raggi. In una è caduta anche nei giorni scorsi con la vicenda Lanzalone. Sono stati loro a presentarmelo, mette le mani avanti. Loro sono i due ministri Bonafede e Fraccaro. Allontanare i sospetti, io non c’entro. Mi attaccano perché sono una donna. Ma le donne forse che per il solo fatto di esserlo sono esenti da eventuali responsabilità? Forse che non sono in grado di sostenere ciò che hanno ritenuto giusto di fare? E ancor più le donne che hanno assunto un ruolo pubblico e quindi con precisi obblighi e il dovere di essere d’esempio ai cittadini? Amministrare una città, e addirittura una capitale, è sicuramente molto arduo. Ma certo è che se una accetta di farlo vuol dire che se ne sente capace, in grado di affrontare ogni situazione. Per questo può sembrare strano che la Raggi, una giovane donna, una professionista che in Campidoglio non è stata sicuramente tirata per i capelli contro la sua volontà, di fronte alle difficoltà non abbia preso il sacco in cima, rivendicando decisioni e non subendo blitz che l’avrebbero colta alla sprovvista, quasi da non sapere di che cosa si stesse parlando. Sono stati loro, i due ministri del suo stesso partito. Mi attaccano perché sono donna. Ma se è questa la sua linea, bisogna dire che appare un tantino debole. Perché se fosse uomo non l’avrebbero attaccata? E che vuol dire? Che a una donna si fanno passare le decisioni sotto il naso a sua insaputa? Sentita in Procura, ha ribadito la sua versione. Salvo poi raddrizzare il tiro: sono stata io a chiedere ai due ministri di parlare con il consulente del Comune di Livorno, Luca Lanzalone, perché ritenevo necessario il suo contributo per definire alcune questioni che con lo stadio, se non ricordo male, non avevano niente a che fare.

E dire che già non è facile per una donna arrivare a posti di vertice, se poi quando una ci arriva non sta attenta a quel che succede, allora le critiche diventano inevitabili. E forse sono anche simili perplessità sul ruolo femminile che a livello nazionale hanno suggerito di far sventolare un vessillo prettamente maschile. Come dire, meglio prendersi le responsabilità in prima persona. Con cipiglio da uomini, come sta dimostrando il Ministro dell’Interno fra gli applausi, stando ai sondaggi, della maggior parte degli italiani che grazie a lui non si sentono più zerbini e possono tenersi il cappello in testa, altro che rigirarselo tra le mani. Alzare la voce per essere rispettati: non prendo lezioni dal governo francese, ha detto. E Macron intimidito si dimentica perfino di domandare scusa, limitandosi a dare il benvenuto al premier italiano chiamandolo confidenzialmente Giuseppe. Ciao Emmanuel. È in questo clima che il presidente del Consiglio ribadisce: io ho la responsabilità della linea di governo, ovvio che mi confronto con i miei ministri, ma alla fine mi assumo io la responsabilità delle iniziative. E non ha neppure alzato la voce o lanciato occhiate truci o preso in giro nessuno. Speriamo.

Intanto succedono cose in Italia e nel mondo. E Gentiloni - lo ricordate? era il premier precedente - avverte che un’Italia più aggressiva non è un’Italia più sicura ma un’Italia in cerca di guai. E poi aggiunge un altro pensiero: penso che chi ha un ruolo istituzionale debba cercare anche nei comportamenti e nel linguaggio di essere d’esempio.

In realtà si trattava di un ammonimento generico, perché non era ancora incominciata la crociera dell’Aquarius.

Secondo lei - è la domanda degli attuali sondaggi per quanto riguarda le navi degli immigrati dirette verso le coste italiane - bisogna puntare sui respingimenti o sull’accoglienza? Vincono i respingimenti con un buon 50 per cento (contro uno scarso 40). Cifra probabilmente destinata a salire. E il 57 per cento opta per il governo Conte, ma solo con la Lega in ascesa. Sembra che fare la voce grossa e l’espressione cattiva, che avere il pugno duro, minacciare e non mollare sia il modo per ottenere rispetto. E voti. Lasciamoli lavorare, dice un buon 50 per cento.
E chi non la pensa così correrà probabilmente il rischio di essere insultato.

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