La violenza dilaga, non solo sul web

La violenza dilaga, non solo sul web

di Sandra Tafner

Ebrei maiali, zecche comuniste. Sono un paio dei tantissimi modi di esprimersi su Facebook, dove recentemente l’Anpi ha contato 450 pagine neofasciste. Braccia tese e viva il Duce fanno da corollario e i «mi piace» si sprecano.

Si dirà: un modo di sfogare la rabbia fra addetti ai lavori, cioè fra gente che la pensa allo stesso modo, senza passare alle vie di fatto. Ma non è detto. Le ondate di violenza sempre più diventano una mareggiata, ci sarà forse qualcuno di questi oppure no, però ce n’è tanti altri, veramente troppi per lasciare indifferente chi ancora crede nella democrazia.

E violenza chiama violenza, così ci si mettono anche quelli della parte opposta che dicono di ispirarsi a certa sinistra estrema oppure si dichiarano anarchici o antagonisti che vanno su e giù per l’Italia prestando la propria opera là dove ritengono ci sia bisogno di un po’ di furia in più. Basta che si trovi un pretesto per rispondere alle provocazioni o per provocare.

Pretesti che si sprecano e se nonce ne sono basta crearli, l’importante è attaccare, anche senza motivo può essere appagante lo stesso. Ecco allora quel gruppo di ragazzini riuniti in branco per dare addosso a un invalido anziano che se ne stava andando per i fatti suoi. Molto eccitante spintonarlo e buttarlo per terra sottraendogli il bastone, mentre altri filmano la scena che sarà diffusa on line per la gioia di chi apprezza il genere. Perché? Perché sì.

Rientrano tutti nella categoria degli stupidi? Non tutti per la verità, nella massa è ben rappresentata anche la categoria dei delinquenti. Da non dimenticare, ovviamente, l’attacco alle forze dell’ordine, cioè verso persone che stanno facendo il proprio mestiere cercando di frenare gli eccessi della piazza. Dev’essere proprio bello giocare alla guerriglia, certo meno faticoso che lavorare o cercare un lavoro. O forse è perché lavoro non ce n’è e allora bisognerà pur passare il tempo in qualche modo? Del resto tirar sassi dai cavalcavia è uno svago ormai superato.

In questo periodo chi cerca spunti li trova anche nella campagna elettorale che ormai si va accorciando e meno male se ha da sopportare il peso di tanta violenza non solo fisica ma anche verbale, ormai talmente frequente che purtroppo la gente ci si sta quasi abituando. Un’accusa oggi, un attacco domani, volgarità e minacce danno un quadro che scoraggia.

Non è pessimismo, purtroppo è realismo. E ha un bel dire il ministro Minniti che non è il caso di parlare d’emergenza, ha ragione, non si può e non si deve alimentare la paura, ma bisogna riconoscere che l’impressione è di assistere a rapporti sempre più usurati, a mancanza di rispetto frequente, a prove di forza che con il confronto delle idee non hanno niente da spartire. Ma è possibile che sotto l’ombrello della politica accadano cose che dalla politica dovrebbero essere lontanissime e condannate a priori? E tra queste bande di votati all’aggressività c’è qualcuno che sappia che cos’è il confronto delle idee?

Come sempre i cattivi esempi non mancano e del resto sono quelli che hanno maggior presa su individui fondamentalmente deboli e facilmente influenzabili. E nell’era della globalizzazione gli esempi possono trovarsi in casa nostra ma anche venire da lontano. Non serve fare grandi sforzi di memoria per ricordare, ad esempio, come l’indiscriminato uso delle armi in America abbia provocato morti ammazzati e stragi a catena nelle scuole, ben 19 fatti di sangue già nei primi due mesi di quest’anno.

L’ultimo, con 17 vittime e molti feriti, quello nel liceo di Parkland in Florida, autore un giovane ex allievo munito di un fucile d’assalto. E il presidente Trump, in attesa di giudizio elettorale di metà legislatura, subito a commentare: nessun bambino, nessun insegnante o qualunque altra persona dovrebbe mai sentirsi insicuro in una scuola americana.

Ben detto. Ma. Ma Trump ha trovato immediatamente il rimedio: persone adulte e giovani già sono armati, armiamo anche gli insegnanti.
Così almeno combatteranno alla pari. Ad armare i bambini pare non abbia ancora pensato.

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