Cosa è il condominio minimo e come «funziona»

Cosa è il condominio minimo e come «funziona»

di Carlo Callin Tambosi

Non tutti lo sanno. A volte l’ignoranza può considerarsi benefica: due fratelli, proprietari ciascuno di un appartamento nella casa paterna, poi divisa in due porzioni materiali, se vanno d’accordo rimarranno per tutta la vita ignoranti del fatto che la vecchia casa di loro padre, così divisa, è un condominio.  Un condominio minimo, ma un condominio.

Ma se la gestione in perfetto accordo non è più possibile, allora occorre seguire le regole. Che sono sempre quelle del condominio. E si deve fare l’assemblea che può deliberare solo se vi è maggioranza di teste e di millesimi. Il che vuol dire, visto che i condomini sono due, che si devono trovare d’accordo. Altrimenti non è possibile deliberare.

Se l’accordo non si trova e il lavoro è necessario occorre rivolgersi  al Tribunale che potrà anche nominare un amministratore.

La Cassazione con una sentenza depositata lo scorso 7 luglio 2017 ha ribadito questo principio, già assodato sin da Sezioni Unite 2031 del 2006.

Ecco le parole della Cassazione.


«Nel condominio c.d. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole codicistiche sul funzionamento dell’assemblea si applicano allorché quest’ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, come nella specie, alla riunione benché regolarmente convocata - si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 cod. civ., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass., Sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329)».

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