L’editoriale / La pandemia

Piazze molto diverse in un paese provato

Il direttore dell’Adige nel suo editoriale: “Il presidente Draghi fa bene a dire che la comunità è provata e anche a ricordare che sono giorni decisivi per i vaccini e per i fondi Ue. Ma il tempo non si può dilatare all'infinito”

di Alberto Faustini

TRENTO. Primo: non confondere le piazze. Chi, educatamente, si ribella perché non lavora, perché non riceve ristori, perché è imprigionato in un anno di pandemia, di divieti e di chiusure che sembra infinito, merita solidarietà e sostegno. Che sia il popolo delle partite iva o chiunque altro, si deve sempre sostenere chi ha solo voglia di ripartire, di ricominciare, di lavorare e di creare lavoro. In piazza c'è l'Italia che non ce la fa, l'Italia che rischia di non rialzarsi, di non riaprire la porta del negozio o del ristorante.

L'Italia alla quale sono stati promessi mari e monti. In piazza ci siamo dunque in un certo senso tutti noi. Chi invece scende in piazza per opporsi ai vaccini, alle mascherine, alle limitazioni, è un popolo di cui si può certo comprendere l'esasperazione, ma che non aiuta ad uscire dal tunnel: anzi, ci spinge dall'altra parte della galleria, nel buio della paura e dell'incertezza, con atteggiamenti intollerabili.

Gesti ancor più incomprensibili se arrivano da un pezzo di mondo sanitario che resta riluttante all'idea di vaccinarsi, incapace di capire quale messaggio deleterio trasmetta all'intero Paese con questi modi di fare che mettono ancora una volta i capricci del singolo davanti alla richiesta di sicurezza e di futuro di un'intera collettività. Siamo tutti provati. Siamo tutti, seppur in misura diversa, mutilati: mancano affetti, pezzi di vita, certezze, prospettive, normalità. Manca il passato: perché abbiamo perso un'intera città di ricordi e di emozioni.

Le oltre centodieci mila vittime del covid dicono che in Italia è scomparsa una città grande come la nostra. Implosa mentre alcuni di noi si giravano dall'altra parte, preferendo non parlarne, fors'anche per colpa di chi ha parlato e strumentalizzato troppo.Secondo: le piazze non vanno mai sottovalutate. L'Italia che non ne può più - a prescindere dalle ragioni che la portano in piazza e dalla quantità di persone che si ribellano - sta diventando di giorno in giorno più grande.

Mettere insieme i disagi, come ben sa qualche forza politica che sul disagio ha costruito buona parte del proprio successo, non è solo semplice. È anche pericoloso. Sottovalutare quel che sta accadendo e pensare che tutto si possa rinviare o mettere sotto l'enorme tappeto delle promesse, pagava forse molti anni fa, quando i governicchi tiravano a campare e tutti noi eravamo più abituati a sopportare, talvolta fin troppo silenziosamente.Pasqua è simbolo di resurrezione, di ripartenza, di nuova vita.

Ed è di questo - facendo però ancora grande attenzione - che abbiamo tutti bisogno: certezze, non colori che cambiano di giorno in giorno. Serve l'arcobaleno di speranza che ha ormai perso colore sui balconi nei quali ancora faticosamente sventola. La speranza, come la paura, ha poco di razionale. Il presidente Draghi fa bene a dire che la comunità è provata e anche a ricordare che sono giorni decisivi per i vaccini e per i fondi Ue. Ma il tempo non si può dilatare all'infinito.

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