I passi falsi nella riforma degli ospedali

di Giovanni Spagnolli

Leggo le novità introdotte dalla riforma della riorganizzazione della rete ospedaliera trentina e da medico nonché ex amministratore pubblico, manifesto tutta la mia preoccupazione e perplessità rispetto ad un piano che di fatto rischia di mettere in crisi l’efficienza dell’intero sistema sanitario trentino.

Innanzitutto il primo errore è quello di aver voluto mutuare un modello organizzativo di chiara matrice anglosassone (hub and spoke) che prevede la centralizzazione delle attività di elevato livello professionale e tecnologico nelle due strutture di Trento e Rovereto le quali dovranno garantire inoltre la gestione tempestiva ed efficace dell’urgenza 24 ore su 24.

Ebbene tale decisione è del tutto incompatibile con la realtà visto che l’ospedale di Trento è in continua sofferenza, vuoi per carenza di personale che per sovraffollamento, e quello di Rovereto è sprovvisto di quei servizi in grado di far fronte alle urgenze 24 ore su 24.
Ulteriore elemento di contraddizione è rappresentato dal fatto che, sempre su esempio di altre regioni (Emilia Romagna) completamente differenti dalla nostra sia in termini geografici che demografici, si stabilisce che un solo direttore (primario) diriga più reparti in vari ospedali secondo il concetto della Unità operativa Multizonale o Area Vasta come denominata altrove. In tal modo verranno di fatto a mancare «in loco» quelle figure dirigenziali a cui è affidato il compito di garantire l’efficacia ed efficienza dei servizi erogati nonchè la responsabilità medico legale di ogni azione svolta all’interno del servizio; senza considerare poi che da sempre la figura del direttore (primario) è sempre stata un punto di riferimento importante per i pazienti specie nei casi gravi e nei momenti di difficoltà quando c’è bisogno di una figura in grado di prendere decisioni rapide ed efficaci al di là della responsabilità, professionalità e capacità di ogni singolo operatore sanitario.

Togliere o accorpare le responsabilità al fine di risparmiare uno o due stipendi è operazione non solo rischiosa ma addirittura controproducente e mi chiedo come un unico primario potrà essere presente in ogni momento e in più posti per far fronte a quelle situazioni critiche che fanno parte della realtà quotidiana.
Certo non sarà più possibile garantire tutto a tutti, regola adottata per anni da tanti nostri politici per semplice convenienza «elettorale», e sarà necessario risparmiare perlomeno fintanto che Pil e debito pubblico non dimostreranno una netta inversione di tendenza.
Forse però, prima di compiere passi falsi e percorrere vie senza ritorno, sarebbe più opportuno interrogarsi e analizzare i motivi per i quali, nel nostro ricco Trentino, non ci sono più soldi da destinare alla «promozione, mantenimento e recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione», come recita l’articolo 32 della nostra Costituzione.

Mi permetto quindi di far presente al presidente Rossi, all’assessore Borgonovo e agli altri membri di giunta sottoscrittori della delibera in oggetto che: la fin troppo generosa elargizione delle convenzioni in favore di strutture private extra-provinciali, fonte primaria di fuga dei pazienti fuori provincia, i gravosi impegni finanziari destinati alla realizzazione di strutture faraoniche e inutili come la protonterapia o alla progettazione di fantomatiche quanto presuntuose strutture ad elevata tecnologia e specializzazione come il NOT, sono solo alcuni esempi di scelte poco oculate e assolutamente non confacenti rispetto ai bisogni sanitari dei trentini. Nei paesi anglosassoni come nella stessa Emilia Romagna, tali iniziative non solo non avrebbero avuto modo di essere concepite ma addirittura sarebbero state considerate come contrarie all’interesse pubblico.
Ripensateci dunque.


Giovanni Spagnolli
Già assessore alle politiche sociali e sanità di Rovereto

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