«Ehi, vieni a giocare a calcetto questo pomeriggio?»

Organizzare una partita a calcio, a calcetto, a calcio a 7 o una semplice «tedesca» nell’era di internet è più facile. Ma quanta nostalgia delle telefonate per radunare gli amici e correre dietro ad un pallone

di Matteo Lunelli

Alle elementari e alle medie, ma anche alle superiori, non facevo in tempo a tornare a casa da scuola che il telefono squillava. Con il boccone ancora in bocca, tra i rimproveri di mia mamma, correvo sempre a rispondere. «Ehi, vieni a giocare questo pomeriggio?». «Ok, ci sono. Quanti siamo? Hai il pallone?». Da quel momento in poi si scatenava un inferno di telefonate. 0461...anzi, senza il prefisso, 231... e «Ciao, vieni a giocare?». In ogni gruppo di amici c’è sempre un organizzatore. Per fortuna, nel mio gruppo, non ero io. Era (ed è) Andrea. Lui si sparava anche trenta telefonate in meno di un’ora. Doveva avere il polso della situazione su castighi ed eventuali temi il giorno dopo, per capire quanti giocatori erano disponibili. Una prima ricognizione, poi il giro di conferme. «Ok, numero minimo raggiunto, ci becchiamo alle 14.30».

Durante il secondo giro di chiamate, quelle di conferma, potevano esserci le sorprese. «No scusa, non posso più. I miei hanno letto la nota che ho preso. Ciao». E a quel punto bisognava chiamare le «riserve»: giocatori non di primissima fascia (per doti tecniche, ma anche più semplicemente per simpatia), ma utili per raggiungere il numero minimo. Oppure estrarre dal cilindro qualche amico di amici di amici, qualche ex compagno di classe, qualche cugino di ottavo grado. Ed Andrea, in questo, era un fenomeno. Le alternative c’erano, ed erano la «tedesca» o la «porta romana», ma erano entrambe dei ripieghi un po’ deludenti. Una vera partita, in numero pari, era tutta un’altra cosa. Le possibili location erano, per chi abitava in città, il Santissimo, l’oratorio del Duomo o il campo di Santa Maria. Si arrivava di corsa e, se qualcosa non era andato come da programma (un bidone imprevisto, numero di giocatori dispari, pallone sgonfio, assenza di pallone, nessun portiere) a sentirsele era sempre l’organizzatore, che pure aveva rinunciato al dessert per attaccarsi al telefono.

Con il passare degli anni le cose sono progressivamente cambiate. La cadenza delle partite, in primis: da quotidiana a settimanale, da mensile a semestrale. Niente più telefono di casa, ma cellulare ed sms. Niente più campetti gratuiti degli oratori, ma location a pagamento e spesso raggiungibili solo in macchina o motorino. Niente più assenze dovute a note o castighi, ma a lavoro, fidanzata, moglie o figli. L’unica cosa rimasta invariata è la passione, la voglia di trovarsi a correre e giocare, esultare per un gol, arrabbiarsi e insultarsi per un dribbling di troppo al posto di un assist facile e vincente.

Dopo questa lunga, nostalgica e forse inutile introduzione, veniamo al punto. Perché, giustamente, vi sarete chiesti: «Ma in Infinite Loop non si parlava di tecnologia e web?». Il punto è un sito, che si chiama fubles.com. Si tratta di un social network, creato da un gruppo di studenti del Politecnico di Milano, che mette in comunicazione tutti gli appassionati di calcetto in Italia (sono oltre 40.000 gli iscritti). Nulla di virtuale: campo vero, pallone rotondo, acido lattico reale, botte e segni sugli stinchi dolorosi.

L’idea è semplice, come spiega in un’intervista uno dei creatori (dal blog del sito): «Un utente iscritto al sito stabilisce città, campo e ora per una partita di calcio a 5. Dopo aver prenotato il campo, inserisce l’evento sul sito e qualsiasi altro utente può iscriversi alla partita fino a numero raggiunto, scegliendo in che ruolo giocare (se ancora disponibile) e la squadra con cui schierasi (bianchi o neri). Dopodiché non rimane altro da fare che incontrarsi il giorno stabilito e giocare la partita. Infine c’è anche la possibilità di dare un voto agli altri giocatori, sia per come giocano, sia per il comportamento, la puntualità e la correttezza dimostrata in campo».

Il sito sta andando fortissimo, come dimostrano due casi clamorosi. Il primo è quello di Maruggio, in provincia di Taranto: il paese conta 6.000 abitanti e al sito sono iscritti 400 utenti che giocano 3 o 4 partite alla settimana. Il secondo è quello di un utente di Bologna, che si era aggiunto ad una partita che si sarebbe svolta a Milano il giorno stesso. Gli organizzatori pensarono ad un errore dovuto al fatto che il giocatore si era iscritto da poco e non aveva capito bene il meccanismo. Niente di più sbagliato. L’utente - giocatore, contattato telefonicamente, era in macchina e da Bologna stava andando a Milano per giocare veramente quella partita. Tra le regole, una è (giustamente) ferrea: «Il bidone è il peggior crimine che si possa commettere in Fubles». Una regola che valeva anche quando, per trovarsi a giocare, si usava il telefono e non internet.

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