Sono troppi 1800 morti in moto l'anno

Ad essere messi a rischio sono poi inermi pedoni o famigliole al volante che si vedono sfrecciare ai fianchi a raffica siluri in accelerazione. Forse è giunto il momento di mettere un freno a questo rischio collettivo, inasprendo le misure preventive, di controllo e sanzionatorie. Altrimenti ai giornali non resterà che registrare ogni sabato e domenica un tragico bollettino di guerra

di Pierangelo Giovanetti

Premetto che chi scrive è stato motociclista per molti decenni, ha percorso centinaia di migliaia di chilometri in Italia ed in Europa, anche quando le strade asfaltate erano poche e quando con la moto ci si spostava in tutte le stagioni, anche per andare a sciare. Amo e apprezzo quindi questo mezzo e, se avessi più tempo ed energie lo riprenderei nuovamente, ma questa affezione non mi esime dall'esprimere critiche severe.
L'uso di questo straordinario mezzo di trasporto è purtroppo degenerato ormai da molti anni: con sempre maggior frequenza, intrepidi centauri isolati, sciami di bolidi motorizzati si impadroniscono delle strade, specie di quello di montagna, e le usano come piste da gara, insofferenti e irrispettosi dei limiti di velocità, delle doppie righe invalicabili, dei divieti di sorpasso, delle curve prive di visibilità. Cavalcano mostri capaci di raggiungere velocità pazzesche da 250 - 300 Km/ora, con accelerazioni fulminee. Caratteristiche queste sproporzionate rispetto alla preparazione ed alla capacità di un guidatore medio, non specificatamente addestrato alle alte velocità. In effetti queste macchine così pericolose non dovrebbero essere messe in commercio liberamente. Questa situazione toglie la serenità di percorrenza.
Ormai nelle gite di fine settimana è prassi dover vigilare ad ogni curva, nella speranza di non incrociare un emulo di Valentino Rossi. I controlli da parte delle forze dell'ordine appaiono purtroppo poco efficaci, salvo in poche zone, e praticamente inesistenti dopo l'orario d'ufficio e nelle ore notturne. Perché non si mettono di guardia sui cavalcavia agenti muniti di binocolo e collegati via radio con pattuglie a valle? Le sanzioni poi dovrebbero essere severe e rapide, in primis l'immediata confisca del prezioso gioiello, lasciando desolatamente senza cavallo il centauro rivestito di pelle e di armature. Il problema è difendere l'incolumità pubblica dalla malintesa libertà di questi amanti della velocità.
Per comprendere come sia pericolosa questa passione, è utile valutare l'entità dello spazio necessario per arrestarsi in funzione della velocità. Esso si ottiene sommando lo spazio psicotecnico, percorso nel tempo di percezione dell'ostacolo e di azionamento ed entrata in funzione dei freni, e dello spazio di frenata necessario per consumare l'energia cinetica del veicolo e del guidatore con il lavoro di frenatura. Assumendo un tempo psicotecnico contenuto, pari a 1 sec. ed un coefficiente di attrito gomma-strada elevato, pari a 0,9 (per gomme efficienti e strada asciutta, in ottime condizioni) si ottengono i seguenti valori dello spazio necessario per arrestarsi: per velocità di 100 Km/ora, spazio d'Arresto = 71,5 mt; per velocità di 150 Km/ora, spazio d'Arresto = 140,0 mt; per velocità di 200 Km/ora, spazio d'Arresto = 230,4 mt; per velocità di 250 Km/ora, spazio d'Arresto = 342,5 mt. Nel caso di strada bagnata o inghiaiata o in cattive condizioni, questi valori possono essere facilmente raddoppiati e non vi sono un Rossi o un Capirossi che li possano abbassare, perché sono valori squisitamente tecnici (riducibili un po' solo con gomme speciali da circuito) sotto i quali avviene lo slittamento e la conseguente perdita di controllo del mezzo.
Considerando quindi le notevoli lunghezze di strada necessarie per arrestarsi, si comprende perché tanti incidenti avvengano per impatto contro malcapitati veicoli perfettamente in regola, che hanno la sfortuna di svoltare a sinistra o che procedano a velocità moderata, nel momento di arrivo del bolide. A episodi del genere ho assistito personalmente. Approfittiamo allora di queste bellissime macchine, godiamo l'aria, il vento, il paesaggio, i profumi della primavera, talvolta, coi dovuti criteri, anche la velocità, ma all'enorme potenza della macchina contrapponiamo la prudenza e la ragione.
 
Paolo Mayr
 
È bastata una settimana di quasi primavera e purtroppo le cronache dei giornali hanno dovuto già registrare due incidenti mortali in moto sulle strade trentine. Sono tra 1.500 e 1.800 i morti che ogni anno si rilevano in Italia per incidenti sulle due ruote, una media di cinque persone decedute al giorno. Oltre 50.000 sono i feriti, spesso gravi. Ma il dato più allarmante è che gli incidenti mortali in moto sono in continua crescita, a differenza di quelli automobilistici che risultano in calo.
Eccessiva velocità? Desiderio di vivere l'ebbrezza del rischio e della spericolatezza? Incapacità di valutare bene i pericoli in cui s'incorre? Sopravvalutazione delle proprie capacità? Purtroppo sono tutti elementi che incidono in questa tragica escalation che trova il suo picco nel fine settimana a cominciare dai primi tepori della primavera. Ad essere messi a rischio sono poi inermi pedoni o famigliole al volante che si vedono sfrecciare ai fianchi a raffica siluri in accelerazione.
Forse è giunto il momento di mettere un freno a questo rischio collettivo, inasprendo le misure preventive, di controllo e sanzionatorie. Altrimenti ai giornali non resterà che registrare ogni sabato e domenica un tragico bollettino di guerra.
p.giovanetti@ladige,it

comments powered by Disqus