Pensioni / Il caso

Pensplan, allarme dei vertici del fondo di previdenza (250 mila iscritti): la riforma della tassazione è una stangata

Il Governo studia una nuova legislazione per i fondi privati. Non cambia solo il meccanismo, ma anche il prelievo, concentrato su chi ha già maturato la pensione

BOLZANO. È un alert sul tavolo della delegazione di parlamentare della regione Trentino - Alto Adige. L'allarme, lanciato da Pensplan, riguarda la nuova tassazione che si prefigura per i fondi pensione. La presidente di Pensplan Centrum AG/Spa, Johanna Vaja, e l'amministratore delegato (in carica da fine maggio), Matteo Migazzi, hanno inviato alla pattuglia di deputati e senatori eletti in regione una missiva, recapita lo scorso fine settimana, con cui chiedono di monitorare la situazione e si rendono disponibili a fornire una consulenza adeguata.

«La leva fiscale in materia di previdenza complementare» spiega Migazzi «può minare e compromettere il sistema». In ballo ci sono numeri importanti. Pensplan vuol dire oltre 250 mila adesioni (dato 2020) e circa 240 milioni di risorse investite nelle previdenza complementare (vedi scheda a fianco, ndr). Da cosa si origina l'allarme? Dal fatto che è in discussione la riforma fiscale, una delle grandi riforme previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Oggi, il testo delle legge delega della riforma è all'attenzione del Consiglio dei ministri. C'è già stato un passaggio nelle commissioni congiunte finanze e bilancio di Camera e Senato. Ed è il documento uscito da questo percorso parlamentare a suscitare una seria preoccupazioni. I fondi pensione complementari beneficiano di un regime fiscale favorevole. Lo schema di prelievo oggi utilizzato in Italia, ricordano Vaja e Migazzi, è di tipo ETT. Che vuol dire: esenzione contributi in fase di accumulo, tassazione dei rendimenti e tassazione delle prestazioni in fase di erogazione. In concreto: i versamenti ai fondi pensione sono deducibili dal reddito fino a 5.164 euro annui, permettono quindi di beneficiare di uno sconto fiscale. Inoltre, alle prestazioni integrative (in rendita e capitale) quando uno va in pensione, viene applicata un'aliquota sostitutiva del 15%, che però, dopo 15 anni di partecipazione al fondo, scende dello 0,3% annuo, fino ad un minimo del 9%, raggiunto al 35° anno.

Sui rendimenti, invece, c'è un prelievo anno per anno sul plusvalore con aliquota ridotta pari al 20% (fanno eccezione i titoli di Stato, tassati al 12,5%). Al netto della impostazione politica "neoliberista" originaria (la scelta di affidarsi ai mercati finanziari per il secondo pilastro delle pensioni), c'è il fatto che i fondi pensione complementari (aperti o chiusi) sono cresciuti grazie al propellente del regime fiscale favorevole.

Sembra che, con la riforma fiscale, si voglia passare dal citato schema di prelievo ETT allo schema EET (esenzione, esenzione, tassazione), utilizzato nella maggior parte dei Paesi Ocse.

La doppia "E" significa esenzione sui rendimenti annui, per avere invece una tassazione, sia sulla quota capitale, sia sulla rendita, al momento della quiescienza. «Ci può anche stare» osserva Migazzi «il vero tema è però come avverrà la tassazione».

«Sembrerebbe» si legge nell'alert «che le ipotesi attualmente in discussione siano l'applicazione della nuova tassazione sulle prestazioni secondo il regime ordinario (con varie ipotesi di applicazione pratica, soprattutto in termini di aliquota) e non più l'applicazione dell'aliquota sostitutiva dal 15% al 9%». «Con un'aliquota marginale al 43% si demolirebbe il sistema» osserva Migazzi. Lo dice dopo che Pensplan ha valutato i risvolti di ogni diversa ipotesi sul tavolo.

Da qui l'appello ai parlamentari, per «evitare che la nuova normativa vada a penalizzare un settore sul quale il nostro territorio sta investendo fortemente, con l'obiettivo di garantire ai cittadini una prospettiva e una qualità di vita costante anche nel periodo post lavorativo».

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