Politica / Il caso

Inchiesta mafia nel porfido, il consiglio comunale di Lona Lases andava sciolto (prima delle dimissioni del sindaco)?

L’ex sottosegretario Fraccaro interpella la titolare dell’interno Lamorgese: è stato fatto l’accertamento obbligatorio sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta? E quali risultati ha dato?

di Giorgia Cardini

LONA LASES. Il consiglio comunale di Lona Lases è già decaduto dopo le dimissioni rassegnate a fine maggio dal sindaco Manuel Ferrari, eletto il 20 settembre 2020 dopo che era uscita di scena l'amministrazione guidata da Roberto Dalmonego. A prendere il posto di Ferrari è stato l'ex sindaco di Avio Federico Secchi (vicino a Fratelli d'Italia), nominato commissario straordinario del Comune cembrano su proposta dell'assessore provinciale Mattia Gottardi.

La delibera di nomina, approvata dalla giunta provinciale il 14 giugno, non fa alcun cenno del contesto in cui sono maturate le dimissioni di un primo cittadino eletto da pochi mesi: oltre ai problemi di operatività dovuti alla mancanza di personale, il "peso" dell'inchiesta "Perfido", che nei mesi scorsi ha portato la Procura di Trento e i Ros dei carabinieri a scoprire una locale di 'ndrangheta attiva proprio nel comune a prevalente economia estrattiva.

Ma è proprio alla luce dell'inchiesta ancora in corso (che non ha coinvolto sindaco, consiglieri e giunta dimissionaria) nella quale risultato indagate almeno 19 persone, di cui 13 poste subito agli arresti, che ora due interrogazioni puntano a capire se siano stati attivati tutti gli accertamenti previsti dal decreto legislativo 267 del 2000 per capire se lo stesso consiglio fosse da sciogliere prima, per infiltrazioni o condizionamenti di tipo mafioso.

Uno scioglimento per cui, secondo l'art. 143 dello stesso decreto, non è necessaria l'avvenuta commissione di reati, ma è sufficiente «la possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata, mediante l'esistenza di elementi concreti, univoci e rilevanti su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi che possano incidere negativamente sulla funzionalità degli organi elettivi». E che l'ex sindaco di Lona Lases Dalmonego (indagato per voto di scambio) e i fratelli calabresi Pietro e Giuseppe Battaglia, uno ex consigliere e l'altro ex assessore proprio alle cave (arrestati), siano finiti nell'inchiesta, è fuori dubbio.

Così come fuori di dubbio è che l'ex segretario comunale Marco Galvagni avesse denunciato (anche nel Piano anti corruzione non firmato dall'ex sindaco Marco Casagranda) il pesante rischio di corruzione e l'esistenza di conflitti di interesse all'interno dell'amministrazione.

Secondo lo stesso decreto che regola lo scioglimento dei consigli comunali, infatti, a tal fine rileva «anche il comportamento dell'apparato burocratico (segretario comunale, dirigenti o dipendenti) in ragione delle rilevanti responsabilità e competenze ad esso attribuite nell'ambito dell'organizzazione dell'ente. E nel caso in cui emergano elementi di collegamento con la criminalità mafiosa, il prefetto è tenuto a trasmettere al Ministero dell'interno una relazione, con l'indicazione degli eventuali provvedimenti necessari, anche ove non sussistano i presupposti per lo scioglimento dell'organo elettivo».

Ecco perché - per capire se sia mai partito il complesso procedimento di accertamento, effettuato dal prefetto competente per territorio (in Trentino il Commissario del Governo, ndr) attraverso un'apposita commissione di indagine (procedimento di cui in effetti non si ha alcuna notizia), hanno presentato interrogazioni sia il consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle Alex Marini l'8 giugno, sia il deputato dello stesso movimento Riccardo Fraccaro il 23 giugno.

Marini al presidente del Consiglio provinciale, Fraccaro alla ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, cui dovrebbe arrivare la relazione di questo accertamento, nel caso venisse attivato. Un'azione incrociata - come spiega Marini - perché che a Lona Lases sia stato mandato un commissario come tanti non convince: infatti, se l'indagine prevista dal decreto 267 portasse a ritenere che il pericolo di infiltrazioni e condizionamenti di stampo mafioso è attuale, il consiglio dei ministri potrebbe nominare un commissario per un periodo massimo di 18 mesi, prorogabili a 24 mesi, al termine del quale si svolgerebbero nuove elezioni. E questo molto probabilmente significherebbe avere a Lona Lases un commissario che in qualche modo ha già maturato esperienze relative a Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, magari in altre regioni. Un soggetto "esterno", insomma, che garantirebbe maggiore terzietà e darebbe maggiori garanzie rispetto al fatto di trovarsi a operare in un contesto, per così dire, difficile. Aspettando di capire se la giunta provinciale abbia mai attivato in qualche modo il procedimento indicato (magari nel momento in cui l'inchiesta Perfido è stata portata alla luce, otto mesi fa) e di sapere se la ministra Lamorgese sia a conoscenza dell'inchiesta e abbia sua volta attivato qualche verifica, Marini segnala anche che la sua interrogazione dell'8 giugno è stata inspiegabilmente pubblicata con molti, troppi, "omissis" per scelta del presidente del Consiglio provinciale Walter Kaswalder.

Omissis sulle risultanze degli atti dell'inchiesta "Perfido", omissis sul nome del Comune interessato, omissis anche su interessi alla base di possibili interferenze della criminalità e possibili collusioni nell'adozione di atti amministrativi. «Una censura incomprensibile», denuncia Marini, che il 17 giugno ha presentato un'altra interrogazione in cui ne chiede conto, ribadendo tra l'altro quanto portato alla luce dalla magistratura e dalle forze dell'ordine.

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