Politica / Lo scontro

Legge sulle concessioni idroelettriche, tutto da rifare, così com’é a Roma non passerebbe

Il provvedimento di Tonina è poco «liberista», si cerca la mediazione, ma per il governo tutte le concessioni andrebbero messe a gara, e dietro c’è un affare da molti milioni di euro

di Domenico Sartori

TRENTO. Tira una brutta aria, un'aria insieme centralista e "liberista", sulle concessioni idroelettriche trentine. Il governo non ha impugnato la legge provinciale n. 6 dello scorso aprile, proposta dall'assessore Mario Tonina e approvata con il contributo (sotto forma di emendementi) di alcuni consigleri di minoranza (Manica, Olivi, Coppola, Zanella, Marini). Non l'ha impugnata, ma ha chiesto una revisione sostanziale.

Per iscritto, il presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, si è impegnato in questa direzione, a rimetterci mano. Obiettivo: farlo con l'assestamento di bilancio, quindi entro luglio. Pare una battaglia di Sisifo, quella della Provincia che tenta di convincere il governo Draghi ed il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, che il principio della messa a gara a tutti i costi, sempre e comunque, è sbagliato e pure non coerente con le indicazione europee, che non sono solo quelle della Direttiva Servizi (o Bolkestein) del 2006 sulla concorrenza.

La legge 6 ha nella sostanza mitigato il principio, che ispira l'approccio dei vari ministri (anche del ministro dell'economia e delle finanze, il leghista Giancarlo Giorgetti) e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per fare spazio a gestioni aperte alla partecipazione dei privati, valorizzando il ruolo dell'ente pubblico, in primis i Comuni.

In luogo della messa a gara, la legge 6 ha introdotto la possibilità di affidare le concessioni attraverso progetti sperimentali di partenariato pubblico-privato. La legge 6, che norma le concessioni sotto i 3 MW, derivazioni di piccole e medie dimensioni, contiene altri elementi significativi: prevede di mettere a gara la riassegnazione delle concessioni entro i tre anni dalla scadenza, ma solo per quelle superiori a 220 kW di potenza. Fino al 1977, la soglia dei 220 kW era il confine tra piccole e grandi derivazioni.

La Provincia ha assicurato il rinnovo automatico di tali piccole concessioni (niente gara pubblica, quindi): vale per concessioni relative all'autoconsumo, per usi che comprendono anche quello potabile, per le concessioni in capo a cooperative elettriche storiche (come le tre trentine), nello spirito dell'autoconsumo che la stessa Unione Europa favorisce nelle diverse forme (individuale, collettiva e comunità energetiche).La legge 6 ha pure introdotto una norma transitoria per le medie concessioni già scadute, per sottrarle alla gara, con il rinnovo diretto per un periodo fino a 10-15 anni (per garantire al concessionario uscente il rientro degli investimenti fatti).

Fosse per il governo, della legge 6 resterebbe in piedi poco. Dalle interlocuzioni a livello tecnico avute nei giorni scorsi con il Dipartimento affari regionali del ministero retto da Mariastella Gelmini (per la Provincia, i dirigenti Laura Boschini, Valeria Placidi e Roberto Andreatta), restano in piedi un regime transitorio che non va oltre il 2024 (la data fissata per la messa a gara delle grandi derivazioni, ndr) e il concetto dell'autoconsumo, purché sia chiara la differenza dalla produzione per il mercato.

«Il problema – riconosce l'assessore all'ambiente, Tonina – è che per il governo tutte le concessioni, anche quelle sotto i 220 kW che non hanno rilevanza di mercato, dovrebbero essere messe a gara. Modificheremo la legge 6, dopo avere accettato la mediazione con il governo. Ma la partita, sul piano politico, non è chiusa. Puntiamo ad incontrare il ministro Cingolani. Ho coinvolto il coordinatore delle cooperative elettriche dell'Arco Alpino, il friulano Ferdinando Di Centa. Sono un trentina le cooperative elettriche, dalla Valle d'Aosta al Friuli. Sono in gioco non solo valori economici, milioni di euro, per i Comuni, ma anche sociali e ambientali. Al governo fanno fatica a comprendere che gli introiti garantiti ad un Comune da una centralina idroelettrica vengono riversati sulla comunità»

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