Il killer era stato 4 anni in carcere in Italia Segni di aggressività, poi i contatti islamisti

Le impronte digitali trovate nella cabina del tir maledetto confermano che il tunisino Anis Amri, ucciso la notte scorsa dalla polizia a Sesto San Giovanni, è il killer della strage di Berlino.

Mentre l’Italia piange Fabrizia Di Lorenzo: le speranze per la ragazza di Sulmona erano ormai ridotte al lumicino e ieri, dopo gli esami del dna, è arrivata la conferma ufficiale della morte. «Una cittadina esemplare», l’ha ricordata il premier Paolo Gentiloni, mentre il capo dello Stato Sergio Mattarella ha parlato di «grande dolore».

E a comporre il profilo di estremista islamico del tunisino si aggiungono sempre nuovi tasselli.

Uno, fornito da un fratello interpellato dalla Bild, indica che Anis Amri potrebbe «essersi radicalizzato nei quattro anni trascorsi in cella in Italia», durante i quali è passato da un carcere all’altro della Sicilia, facendosi notare per violenze verso altri dentenuti e disordini cui aveva dato luogo mostrando evidenti segni di instabilità.

Ma dalla documentazione carceraria che lo riguarda «non emergono dati relativi a una sua radicalizzazione».

Il contesto dell’estremismo islamico è invece più evidente in Germania, dove Amri è arrivato nel luglio 2015. Ed è in quel periodo che ora gli inquirenti cercano di scavare: al setaccio la rete di contatti che si addentra negli ambienti salafiti tedeschi con legami con l’Isis, come quelli legati al predicatore iracheno Abu Walaa, al cui circolo Amri faceva riferimento «pur non essendo uno dei membri più stretti», come ha rivelato la Sueddeutsche Zeitung.

Intanto, Berlino, alla ricerca della normalità perduta: ha riaperto ieri il mercatino della strage.

In Germania però è bufera sulle falle del sistema di sicurezza: ci si chiede se la strage, costata la vita a 12 persone, non si sarebbe potuta evitare.

Per l’uomo infatti era stato disposto un ordine di espulsione, poi sospeso, nonostante le autorità sapessero si trattasse di un potenziale terrorista islamista.

Così il dolore per la carneficina si accompagna ora alle accuse di incapacità di gestire soggetti pericolosi, di tracciare gli spostamenti dei migranti accolti e di allontanarli dal Paese.

E le polemiche inevitabilmente investono l’operato di Angela Merkel, che per la sua politica di apertura verso i richiedenti asilo si trova cinta d’assedio non solo da populisti e estrema destra, ma anche dagli alleati Cristiano sociali bavaresi (Csu), che hanno già iniziato ad alzare i toni, e dai falchi del suo stesso partito, i cristiano democratici (Cdu).

La strage sembra aver inferto un nuovo colpo alla popolarità della cancelliera, candidata per il suo quarto mandato alle elezioni di settembre, che oggi in visita alla sede della polizia federale criminale di Berlino ha auspicato: «Speriamo di trovare presto il sospetto attentatore».

Intanto diventa un caso lo strano tweet del leader del movimento anti-Islam Pegida Lutz Bachmann che, a due ore dall’attacco, ha cinguettato: «L’autore è un musulmano tunisino», attribuendo l’informazione a fonti della polizia, mentre gli inquirenti ufficialmente stavano ancora battendo la pista del pachistano, poi rilasciato.

Il portavoce della Berliner Polizei, Winfrid Wenzel ha chiarito che Amri è finito nel mirino solo martedì, dopo il ritrovamento dei documenti sul camion.

«Non è così che possiamo garantire la sicurezza alla Germania», ammonisce Armin Laschet (Cdu). «Le informazioni che abbiamo sull’operato delle autorità sono scioccanti», denuncia.

Tra i molti interrogativi: come sia stato possibile che il tunisino - già noto come criminale, islamista e potenziale attentatore - sia scomparso con tanta facilità dal radar degli inquirenti. Nel corso di quest’anno Amri era stato al centro di un’ indagine, perchè sospettato di preparare una rapina, per finanziare l’acquisto di armi per un attentato. Ma, a settembre, la procura aveva archiviato il fascicolo.

Inoltre l’uomo, secondo il New York Times, era conosciuto anche dai servizi di intelligence americani per essere stato in contatto con l’Isis almeno una volta e per aver fatto delle ricerche su internet per imparare a fabbricare esplosivi.

Mesi fa il nordafricano - che durante la sua permanenza in Europa ha usato almeno sei nomi diversi - si era visto rigettare anche la richiesta d’asilo. E dopo un primo tentativo di rimpatrio, abortito proprio perchè sprovvisto di documenti validi, aveva ottenuto la sospensione temporanea del provvedimento.

A questi errori che appaiono macroscopici, si aggiunge poi la lentezza con cui è avvenuto il ritrovamento del documento di Amri, ed il ritardo con cui sono partiti i blitz, anche a causa di errori di trascrizione nelle disposizioni.

Il settimanale Focus ha scritto che la polizia criminale del Nordreno-Vestfalia (Lka) era a conoscenza dei piani di Anis Amri di compiere attentati in Germania «almeno dalla scorsa estate».

 

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