Comuni, dalle fusioni alle incorporazioni Tutto più facile per i «matrimoni amministrativi»

Dopo la pioggia di fusioni di Comuni in sei anni (le amministrazioni sono passate da 223 a 178), piazza Dante pensa alle incorporazioni.

di Andrea Bergamo

Dopo la pioggia di fusioni di Comuni in sei anni (le amministrazioni sono passate da 223 a 178), piazza Dante pensa alle incorporazioni. Un processo che prevede l'inclusione di piccoli municipi in realtà di dimensioni più grandi. Queste ultime manterranno inalterate le proprie condizioni base come nome e sede, ma la legge in vigore le obbliga comunque a indire il referendum e quindi a chiamare alle urne gli elettori su una scelta che di fatto a loro non cambierà la vita.

Per questo mercoledì approderà sui banchi del consiglio regionale un emendamento al disegno di legge che allinea la normativa del Trentino Alto Adige a quella nazionale, con il quale si vogliono facilitare proprio le incorporazioni. Il documento porta la firma del consigliere del Patt Lorenzo Ossanna, e parte dal caso singolare del Comune di Sfruz, in val di Non, che ha approvato un atto di indirizzo per la fusione con Predaia.

Quest'ultimo municipio è nato dall'unificazione di cinque comuni dell'altipiano (Coredo, Smarano, Taio, Tres e Vervò) nel 2014 e Sfruz rappresenta per il suo territorio una sorta di San Marino. Se l'emendamento dovesse passare (come è probabile, salvo sorprese dell'ultim'ora), basterà che «il consiglio comunale del Comune aggregante abbia manifestato parere favorevole con la maggioranza dei tre quarti» per evitare il referendum. In tal caso saranno chiamati ai seggi «solo gli elettori del Comune aggregato».

Oltre che Sfruz, la norma potrebbe riguardare anche Castel Ivano, nel quale dovrebbero confluire Ivano Fracena e Samone (dove i cittadini stanno raccogliendo le firme necessarie per l'indizione della consultazione, dopo il passo indietro del Comune) e Drena, che potrebbe confluire nella municipalità di Dro. I vantaggi consistono nell'eliminazione del rischio di non raggiungere il quorum del referendum (fissato a quota 40%), nel risparmio di tempo e denaro per l'organizzazione della consultazione popolare nel Comune che incorpora, senza comunque dimenticare il mantenimento della sovranità popolare nel municipio che si appresta ad essere incorporato.

Intanto, la Provincia sta pensando di dare più tempo ai Comuni che in maggio chiameranno i cittadini ad esprimersi su eventuali «matrimoni amministrativi». Il termine, prima fissato a fine anno, è già stato fatto slittare di 15 giorni ed ora ci potrebbe essere un'ulteriore proroga: «Pensiamo di dare tempo fino al 31 gennaio alle amministrazioni che si stanno accordando su nome del Comune Unico e capoluogo» specifica l'assessore agli enti locali Carlo Daldoss, che aggiunge: «Il progetto vero e proprio potrà invece essere completato fino a maggio, quando si svolgeranno i referendum». Le fusioni vere e proprie potranno invece scattare il primo gennaio degli anni successivi, fino al 2020, per consentire alle amministrazioni elette in primavera di completare il proprio programma di legislatura.

Ventotto municipi potrebbero ridursi a 11. Non tutti eviteranno però la gestione associata dei servizi, come nel caso di Bresimo e Cis, che assieme formano solo 565 abitanti. «Mao Tse-Tung diceva "tanta confusione sotto le stelle porta tante opportunità" - sorride Daldoss -. Teoricamente avviare progetti di fusione è sempre possibile, ed ambiti omogenei di gestione associata potrebbero subire una trasformazione in questo senso nel giro di un paio d'anni».

L'obbiettivo della Provincia, evidenzia il «padre» della riforma degli enti locali «non è quello di fare delle forzature, tanto che fatico a immaginare che tutti i Comuni trentini riuniti in ambiti di 5.000 abitanti possano trasformarsi in nuovi municipi, ma alcuni territori più piccoli che oggi si apprestano a collaborare, domani potrebbero maritarsi. Noi puntiamo alla semplificazione».

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