L'Ucraina vieta la diffusione e l'uso dei simboli dell'Unione sovietica

Da oggi in Ucraina sono vietati, e puniti col carcere, propaganda e simboli legati al comunismo, al pari di quelli nazisti: il presidente Petro Poroshenko ha infatti promulgato, durante la visita dell’assistente del segretario di Stato Usa Victoria Nuland, la controversa legge approvata dal Parlamento il 9 aprile scorso per rompere definitivamente con il passato sovietico del Paese, un quarto di secolo dopo l’indipendenza e un anno e mezzo dopo la rivoluzione filo europea del Maidan.

La legge, che aveva suscitato lo sdegno di Mosca e dei separatisti filorussi ma anche del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, parifica comunismo e nazismo, mettendone al bando allo stesso titolo la diffusione e l’uso dei simboli (salvo a scopo educativo, scientifico e nei cimiteri). Addio quindi a falce e martello e inno sovietico, ma anche ai monumenti e alla targhe commemorative di responsabili comunisti, nonché ai nomi di località, strade e fabbriche intitolate a ex dirigenti sovietici, anche se il Paese si trova in una crisi economica (-17,6 il pil nel primo trimestre) e sociale (oggi prima manifestazione di piazza a Kiev contro il caro bollette) così grave da non avere i fondi per cambiare neppure la toponomastica.

La legge appena promulgata, oltre a vietare i simboli sovietici, condanna il regime comunista e riconosce il ruolo dei vari gruppi di nazionalisti ucraini che nel secolo scorso hanno combattuto per l’indipendenza del Paese, compresa l‘Armata Insurrezionale d’Ucraina (Upa), il movimento accusato di collaborazionismo con la Germania nazista e nello sterminio degli ebrei. Nel pacchetto di nuove norme, anche l’apertura degli archivi del Kgb e la cancellazione del termine sovietico «Grande guerra patriottica» per indicare la seconda guerra mondiale.

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