Mazzi di fiori per Giorgiana Masi, uccisa il 12 maggio 1977

Un mazzo di fiori per ricordare Giorgiana, vittima ancora senza verità. Questa mattina, 38 anni dopo la morte della diciannovenne raggiunta da un proiettile mentre si recava ad una manifestazione dei radicali, davanti alla lapide che la ricorda a Roma, tra ponte Garibaldi e piazza Giuseppe Gioacchino Belli, c’era chi si fermava a farsi il segno della croce e a dire qualche preghiera, chi ha lasciato fiori colorati.

L’assessore capitolino alla scuola, con delega alla Memoria, Paolo Masini ha voluto renderle omaggio lasciando un mazzo di fiori gialli e rossi con i colori di Roma Capitale. «Abbiamo voluto ricordare una giovane ragazza che ha perso la vita in un modo così assurdo - ha spiegato Masini - in quegli anni difficili».

Poi, ha spiegato che «a Roma, prima in tutta Italia, nascerà la Consulta per le vittime del terrorismo, di destra e di sinistra, del Lazio, che sono circa 90». Il comitato promotore, formato da rappresentanti di Comune e Regione e da familiari delle vittime, si è già riunito una prima volta.

E come ogni anno, a ricordare Giorgiana, c’era anche una rappresentanza del partito radicale. La segretaria Rita Bernardini, il presidente Riccardo Magi e Sergio D’Elia di Nessuno Tocchi Caino hanno deposto una corona »per ricordare un episodio gravissimo - ha detto Magi -: quel giorno c’era una festa popolare non violenta e referendaria e ci fu atto di violenza da parte delle istituzioni sulla quale nessuna chiarezza è stata fatta».

L’uccisione di Giorgiana Masi, scatenò una polemica politica - dolorosa e finora irrisolta - che dieci anni fa trovò un picco improvviso nelle parole di uno dei protagonisti. Francesco Cossiga, all’epoca ministro dell’Interno, affermò nel 2005 che la studentessa venne colpita da «fuoco amico», proiettili sparati dai dimostranti e non dalle forze dell’ordine durante la manifestazione, vietata dalla questura, in occasione della celebrazione dei Radicali per la vittoria nel referendum sul divorzio. Glielo aveva detto poco dopo uno dei magistrati che indagava, spiegò Cossiga. Un’ipotesi, priva però di fondamento probatorio, tant’è che dieci anni più tardi, nel 2015, la verità sull’uccisone di Giorgiana Masi.

L’inchiesta giudiziaria, che riguardava anche il ferimento l’altra manifestante Elena Ascione e del carabiniere Francesco Ruggero, fu chiusa senza esito il 9 maggio 1981 dal giudice istruttore Claudio D’Angelo: impossibile individuare i responsabili dei reati.

La vicenda da anni divide, con polemiche sempre feroci e che il tempo non sopisce. Dieci anni fa il leader dei Radicali, Marco Pannella, che oggi ha ricordato Giorgiana, replicò duramente alle affermazioni di Cossiga: «Mentì allora e torna a mentire oggi».

All’epoca la vicenda ebbe echi enormi, rinfocolata quando un settimanale diffuse le foto che dimostravano la presenza di poliziotti non in divisa che sparavano ad altezza d’uomo durante le manifestazioni che riempirono di lacrimogeni tutto il centro di Roma. Giorgiana Masi venne colpita dal lato di Ponte Garibaldi verso Trastevere, all’altezza di piazza Belli mentre dall’altro lato era schierato un drappello di poliziotti.

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