Sparatoria nel Tribunale di Milano Ci sarebbe almeno un morto

È riuscito a entrare con una pistola in tasca nell’aula del Tribunale di Milano in cui si celebrava il processo che lo vede imputato per bancarotta: all’improvviso, verso le 11, ha cominciato a sparare. Colpiti a morte l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani e un coimputato, Giorgio Erba, ferito gravemente un altro socio in affari nella Magenta Immobiliare (fallita nel 2008), Davide Limongelli, suo nipote. Un altro avvocato colpito a una gamba. 

[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"253556","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]]L’autore della strage, Claudio Giardiello, 57 anni, poi è uscito dall’aula e ha raggiunto l’ufficio del giudice Fernando Ciampi: ha fatto fuoco e ha ucciso anche il magistrato.

Dopo aver esploso tredici colpi facendo tre morti e due feriti, Giardiello è uscito dal palazzo di giustizia dalla porta di via Manara, è salito sul suo scooter ed è fuggito: i carabinieri lo hanno arrestato poco dopo a Vimercate. L’uomo ha riferito ai militari che aveva intenzione uccidere anche un’altra persona, sembra un ex socio ritenuto corresponsabile del suo fallimento. «Volevo vendicarmi», avrebbe detto ai carabinieri che lo stavano ammanettando. Successivamente Giardiello si è rifiutato di rispondere ai magistrati.

A quanto pare, il killer era diretto a Carvico (Bergamo), per uccidere anche Massimo D’Anzuoni, suo socio di minoranza in una società e coinvolto nel processo per il fallimento fraudolento e alla cui udienza non si era presentato. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Giardiello incolpava i suoi soci dei vari fallimenti e voleva «eliminare tutti coloro che mi hanno rovinato», come lui stesso ha detto ai carabinieri in fase di arresto.
È proprio per imboccare l’autostrada in direzione Bergamo che Giardiello era arrivato in scooter a Vimercate, da dove vicino al centro commerciale «Torri Bianche» si accede al raccordo con la A4.

Prima di uccidere, Claudio Giardiello era entrato in Tribunale probabilmente esibendo alla vigilanza privata un falso tesserino, forse da avvocato, da un ingresso laterale del palazzo e dalla porta riservata all’accesso di magistrati, legali e cronisti. Un accesso nel quale non è necessario passare attraverso i controlli del metal detector.

In pochi tra magistrati, avvocati, impiegati e semplici cittadini hanno capito subito cosa fosse successo, chi avesse sparato e soprattutto dove. In molti hanno iniziato a scappare fuori dal palazzo attraverso i quattro accessi, mentre altri sono stati bloccati dalle forze dell’ordine negli spazi dove si trovavano in quel momento. Altri si sono nascosti sotto le scrivanie, barricati nelle aule e negli uffici e hanno sentito quei 13 colpi di pistola sparati tra il secondo e il terzo piano e, dalle 11, la giornata delle centinaia di persone presenti nel Palazzo di Giustizia di Milano è improvvisamente cambiata. 

Carabinieri e poliziotti, in divisa o in borghese, con le armi in pugno hanno percorso i corridoi del tribunale di Mani Pulite, con l’obiettivo di riportare la calma e di mettere in sicurezza tutte le aule. Hanno fatto evacuare prima le donne e poi hanno scortato alcuni magistrati. Negli uffici vicino agli spari, «ci siamo nascosti tutti sotto le scrivanie», ha spiegato un’impiegata mentre alcuni avvocati hanno fatto il possibile per aiutare le persone colpite dalla follia di Claudio Giardello (nella foto qui sopra).

Filippo Ghersini, giovane legale dello studio di diritto internazionale Santa Maria, era a pochi metri dall’ufficio del giudice Fernando Ciampi: «Ho sentito degli spari, poi una persona correre. Ho capito che era successo qualcosa nella stanza di Ciampi, sono entrato e ho visto le sue collaboratrici che piangevano. L’ho visto sdraiato dietro la sua scrivania, gli ho sentito il polso ed era già morto».

L’avvocato Luis Vaghi è stato invece tra i primi a entrare nell’aula dove Giardello ha ucciso le altre due persone: «È passata una bella mezz’ora prima che arrivassero i soccorsi», ha detto intervistato da Radio24.

«Ho visto colpire delle persone. Ho visto morire un testimone davanti a me», ha detto il pm Luigi Orsi, che si trovava in udienza quando Giardiello ha sparato, dopo aver sostituito all’ultimo minuto il pm Bruna Albertini. «Avrebbe sparato o comunque fatto del male anche a lei se solo fosse stata in aula», riflettono i suoi colleghi. Increduli, spaventati e anche arrabbiati. Dopo esser stati evacuati dal palazzo, in molti si chiedevano come potesse essere entrata una pistola in uno dei luoghi più sorvegliati della città.

«Giardiello è una persona che si presenta in maniera molto gentile, almeno all’epoca, di bei modi, che però aveva degli scatti d’ira e degli atteggiamenti paranoici, era convinto di essere vittima degli altri, che tutti lo volessero imbrogliare, rovinare», ha raccontato l’ex legale di Giardiello l’avvocato Valerio Maraniello. «All’epoca - aggiunge - lo seguii insieme al collega Claris Appiani, mio caro amico e per il quale sono assolutamente sconvolto, lo seguimmo per una questione societaria che aveva proprio ad oggetto l’Immobiliare Magenta, la società di cui oggi ho sentito si faceva il processo per bancarotta».

Il legale afferma di non aver mai pensato però che l’uomo potesse arrivare a fare quello che ha fatto: «una cosa del genere no, anche se aveva questi tratti un po’ inquietanti nella personalità, che credo siano quelli che hanno portato poi alla rovina delle sue aziende».
«La società immobiliare all’epoca - spiega - andava molto bene e fu l’inizio della fine quando iniziarono queste guerre tra soci».

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Maraniello racconta poi di aver rimesso il suo mandato perché Giardiello «non aveva fiducia in quello che io e il collega Claris Appiani gli avevamo proposto, perché eravamo riusciti ad ottenere un’ottima transazione e lui, sempre nelle sue manie di persecuzione, ritenne che invece fosse un imbroglio, per cui ci furono discussioni, e io decisi di abbandonare il patrocinio».

L’avvocato, infine, smentisce la voce che al tribunale di Milano un legale possa passare con il proprio cliente, se è a piede libero, senza controlli. «Non è vero, assolutamente. Per mia esperienza no, nel senso che spesso ci sono delle code lunghissime per il pubblico rispetto agli avvocati, alcuni cercano di far passare il cliente insieme a loro, però - conclude - io ho sempre visto il personale preposto al controllo bloccare il cliente e farlo passare al metal detector».

Incredula e sotto choc la ex molgie del killer: «Mai avrei pensato che fosse così disperato, sono scioccata, non immaginavo che potesse fare una cosa simile», ha detto Anna Siena. «Ora devo pensare soprattutto ai miei figli, sono loro che devo proteggere dalle conseguenze più drammatiche».

Sul fronte politico sono scoppiate le polemiche sulla sicurezza, vista l’apparente facilità con cui Giardiello (nella foto accanto subito dopo l'arresto) è entrato armato in tribunale.

«Gli inquirenti faranno luce piena accertando eventuali falle. Spetterà poi» ai vertici degli uffici giudiziari di Milano, al ministro della giustizia «e anche al Csm prendere i dovuti provvedimenti perchè simili fatti non si ripetano», ha detto poco fa il capo dello Stato, Sergio Mattarella, chiudendo la seduta straordinaria del Consiglio superiore della magistratura dedicata a quanto successo nel Tribunale di Milano.

Il ministro degli interni, Angelino Alfano, giunto a Milano ha commentato che «quello che è successo è gravissimo e inaccettabile».

Duro anche il premier Matteo Renzi: «I sistemi di sicurezza del nostro Paese si poggiano su donne e uomini capaci al limite dell’eroismo, ma il controllo non può permettersi di avere buchi e falle come quelli che ci sono stati nel tribunale di Milano. Bisogna accertare chi, come e perchè ha sbagliato. Qualcosa non ha funzionato».

E il il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato che a breve convocherà i procuratori generali delle Corti d’appello, a cui competono la responsabilità e i provvedimenti sulla sicurezza all’interno dei palazzi di giustizia. «Il sistema ha visto compiersi un insieme di errori gravi» che «le indagini dovranno chiarire», ha detto.

Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che fra l’altro è un avvocato, ha chiesto ai consiglieri comunali e alle forze politiche di evitare polemiche e speculazioni sulla sparatoria.
«Il gesto migliore che possiamo fare - ha detto intervenendo nell’aula di palazzo Marino - è quello di non utilizzare un fatto tragico per cose che nulla hanno a che vedere con l’accertamento di quanto è successo».

«Mi associo a quanti in queste ore hanno espresso cordoglio per le vittime della sparatoria al Tribunale di Milano. Quanto successo oggi al Palazzo di Giustizia lascia sgomenti e pone degli interrogativi», afferma il deputato milanese di Sel Daniele Farina. «Dal 1° settembre di quest’anno - prosegue l’esponente di Sel - le spese obbligatorie di funzionamento per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei Comuni e parzialmente rimborsate dallo Stato, saranno trasferite al ministero della Giustizia come previsto dalla legge di stabilità. Mentre una legge del 1941, la n. 392 assegna ai Comuni il compito di assicurare le strutture necessarie per l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Ma la questione della sicurezza non rientra tra le competenze dei Comuni, come stabilito in una circolare del 1994 del ministero di grazia e giustizia, riconfermata in una informativa urgente del governo nel 2007.
Sta qui forse quanto successo oggi a Milano. È necessario capire se e come questo guazzabuglio di competenze abbia avuto un ruolo nei drammatici fatti del tribunale di Milano. Resta comunque - conclude il parlamentare - l’inquietudine sull’efficacia delle misure previste dal governo in vista di Expo 2015».

Appelli per garantire la sicurezza negli uffici giudiziari sono venuti sia dal’Associazione nazionale magistrati sia da esponenti del Csm.

«C’è sicuramente un problema-sicurezza nei nostri palazzi di giustizia, da monitorare in tutta Italia. Già nelle nostre visite negli uffici giudiziari, noi avevamo verificato e registrato moltissime lamentele in tal senso tra i colleghi, e purtroppo, al di là della dinamica dei fatti di oggi, questa vicenda conferma questa emergenza. Chiediamo, come abbiamo già chiesto, che si intervenga al più presto», ha affermato il segretario generale dell’Anm Maurizio Carbone.

Le vittime

Il magistrato ucciso è il giudice della seconda sezione fallimentare del Tribunale di Milano Fernando Ciampi. L’uomo era della provincia di Avellino. Dolore e sconcerto a Fontanarosa, il piccolo centro della provincia di Avellino, 3.200 abitanti nella Valle del Calore, di cui era originario Fernando Ciampi. Il magistrato, 72 anni, tornava a Fontanarosa almeno una volta l’anno per trascorrere alcuni giorni nella casa di proprietà che si trova nel centro del paese. La sua famiglia è molto nota e apprezzata: suo padre, Mario Ciampi, scomparso alcuni anni fa, per decenni è stato il medico condotto di Fontanarosa. In un incidente giovanile, il magistrato aveva perso l’uso della mano sinistra. Laureatosi giovanissimo alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli, aveva superato brillantemente il concorso per entrare in magistratura. Il sindaco di Fontanarosa, Flavio Petroccione, ha espresso il dolore e la solidarietà della comunità in una nota e in un manifesto di cordoglio.

L’avvocato, colpito in aula durante l’udienza, è Lorenzo Alberto Claris Appiani (nella foto accanto).

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Era stato l’avvocato di Claudio Giardiello e oggi era in aula come testimone nella causa per bancarotta contro l’uomo che lo ha ucciso sparandogli al torace. Lo racconta all’Ansa lo zio della vittima, l’avvocato Alessandro Brambilla Pisoni, arrivando al pronto soccorso del Fatebenefratelli di Milano.

«Giardiello era stato cliente di mio nipote - ricorda l’avvocato - poi aveva iniziato a combinare disastri e lui ha smesso di seguirlo. Sapevo che oggi mio nipote era in aula come testimone in una causa penale perché Giardiello era stato denunciato”. Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, viene da una famiglia di legge: sua madre, oggi in pensione, è un avvocato e la sorella è un magistrato. Lui stesso era molto stimato per la sua capacità di analisi del diritto».

Il magistrato ucciso è il giudice della seconda sezione fallimentare del Tribunale di Milano Fernando Ciampi.

L’uomo era della provincia di Avellino.

Dolore e sconcerto a Fontanarosa, il piccolo centro della provincia di Avellino, 3.200 abitanti nella Valle del Calore, di cui era originario Fernando Ciampi. Il magistrato, 72 anni, tornava a Fontanarosa almeno una volta l’anno per trascorrere alcuni giorni nella casa di proprietà che si trova nel centro del paese. La sua famiglia è molto nota e apprezzata: suo padre, Mario Ciampi, scomparso alcuni anni fa, per decenni è stato il medico condotto di Fontanarosa.

In un incidente giovanile, il magistrato aveva perso l’uso della mano sinistra. Laureatosi giovanissimo alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli, aveva superato brillantemente il concorso per entrare in magistratura. Il sindaco di Fontanarosa, Flavio Petroccione, ha espresso il dolore e la solidarietà della comunità in una nota e in un manifesto di cordoglio.

La terza vittima è Giorgio Erba, coimputato di Giardiello.

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