Aumenta il pressing su Lupi, dimissioni più probabili

Il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi si arrende: poco fa ha annunciato che rassegnerà le dimissioni, domani, quando è previsto il suo intervento di chiarimento sulla vicenda legata all’inchiesta su appalti e tangenti nelle grandi opere, che non lo vede coinvolto direttamente ma che ha svelato i suoi rapporti particolarmente stretti con uno degli arrestati, il potente ex dirigente della struttura ministeriale ad hoc, Ercole Incalza.

Il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi si arrende: poco fa ha annunciato registrando «Porta a porta» che rassegnerà le dimissioni, domani, quando è previsto il suo intervento di chiarimento sulla vicenda legata all’inchiesta su appalti e tangenti nelle grandi opere, che non lo vede coinvolto direttamente ma che ha svelato i suoi rapporti particolarmente stretti con uno degli arrestati, il potente ex dirigente della struttura ministeriale ad hoc, Ercole Incalza.

 «Credo che forse un mio gesto - che non vuol dire ritirarmi alla politica, perché non c’è bisogno di una poltrona per fare politica - questa mia decisione rafforzerà l’azione del governo», ha spiegato il ministro rispondendo a Bruno Vespa. L'annuncio di Lupi, che finora aveva sempre escluso le dimissioni, ha suscitato anche qualche polemica per le modalità, cioè il noto salotto televisivo anziché il Parlamento.

In precedenza era stato annunciata per martedì la votazione, alla Camera, della mozione individuale di sfiducia presentata dal M5S e da Sinistra ecologia e libertà, che avrebbe richiato di vedere il governo finire sotto (visto che oltre alla Lega Nord anche parte del Pd avrebbe finito probabilmente per votare contro il ministro).

Nelle intercettazioni sono emersi vari elementi che hanno scatenato la reazione indignata delle opposizioni parlamentari e anche di una parte del Pd: l’intercessione del ministro presso Incalza per un posto di lavoro al figlio ingegnere (la telefonata seguita dopo pochi minuti alla visita nell’ufficio del dirigente); il Rolex regalato a quest’ultimo dall’imprenditore Stefano Perotti (vincitore di appalti nelle grandi opere, arrestato a sua volta); un viaggio aereo pagato a sua moglie per raggiungere una convention dell’Ncd a Bari (la fattura risulta intestato a Francesco Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni Spa, orma in manette e dimissionario); i regali di Natale a Lupi e al suo staff; una cena per reperire fondi «nell’interesse del ministro».

Il premier Matteo Renzi in questi due giorni è rimasto ufficialmente in silenzio ma dietro le quinte ha preso atto che la situazione si stava facendo sempre più difficile e ha lavorato per le dimissioni di Lupi prima che si arrivasse al voto in aula. Il capo del governo avrebbe sollecitato definitivamente il ministro in un incontro svoltosi oggi pomeriggio. Lupi fino a poco prima aveva spiegato di non ritenere che la sua posizione sia tale da richiedere un passo indietro per ragioni di opportunità.

Ma fin da ieri era evidente che nel Pd esiste una maggioritaria che si attendeva che domani Lupi desse le dimissioni dopo aver spiegato la sua posizione. Ciò anche perché se si fosse invece arrivati successivamente a un voto sulla mozione di sfiducia individuale presentata dalle opposizioni, il governo avrebbe rischiato di trovarsi in minoranza.

Il ministro, circa sei mesi fa, rispondendo a un’interrogazione presentata dai cinquestelle circa la onorabilità del top manager Incalza (coinvolto in 14 inchieste giudiziarie ma sempre salvo, in qualche caso per prescrizione), si era prodotto in una difesa su tutta la linea del dirigente («La risposte letta da Lupi fu scritta direttamente all’avvocato di Incalza, Titta Madia, zio del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia», accusano i parlamentari M5S)

«Attaccate me ma lasciate stare mio figlio. Mio figlio è stato mandato dal politecnico di Milano a fare sei mesi di tesi e di stage a tremila dollari al mese e per sei mesi lavora presso uno studio di San Francisco», ha detto ancora poco fa il ministro Maurizio Lupi. «Ma perché - ha aggiunto - dovrei chiedere a Incalza di fare pressioni su Perotti per raccomandare mio figlio se avrei potuto chiamarlo direttamente?».

Sul fronte Pd è stata molto dura la presa di posizione dell’ex candidato alla segreteria Gianni Cuperlo (Sinistra dem): «Penso che sarebbe un fatto positivo se il ministro, venendo in Parlamento come ha detto e chiarendo tutti questi aspetti, prendesse atto che la mappa degli eventi che lo coinvolgono è tale che...», ha risposto a La7 a una domanda sull’opportunità delle dimissioni. «Su una materia come questa - ha aggiunto - penso che bisogna avere senso di responsabilità di appartenere a un gruppo e a un partito, e prenderemo una posizione congiunta, mi auguro condivisa. Ritengo che, al netto di qualunque scelta garantista, la situazione sia abbastanza insostenibile».

Disponibilità a votare la mozione delle opposizioni, se Lupi aveva manifestato il deputato dem Pippo Civati: «Non credo che una forza di governo possa scrivere una mozione di sfiducia a un ministro, al massimo potrei votarla. Spero che la soluzione la trovino il presidente del consiglio e il governo, si tratta di una questione di opportunità politica. Se si arriverà in Parlamento l’ultima volta io ho votato la sfiducia ad Alfano. La vicenda sta diventando un noir, se Renzi lasciasse libertà di coscienza sarebbe la prima vittoria di Civati».

Dall’Ncd, forze di governo decisiva per la maggioranza al Senato, da oggi è sembrato attenuarsi la difesa di Lupi: «Il dato strutturale, politico, è che il ministro non è indagato. E quindi non c’è ragione perché si dimetta: nel governo ci sono anche alcuni indagati, ma Ncd non ha mai chiesto al Pd le loro dimissioni. Dopodiché domani, dopo l’informativa del ministro, conteranno molto il clima dell’aula e la posizione che sarà espressa dal partito demcoratico», spiega il presidente dei senatori di Area popolare, Renato Schifani. Il minsitro Angelino Alfano, leader del Nuovo centrodestra, non sembra a sua volta in queste ore spendersi in modo particolarmente acceso in difesa del suo collega di partito. Probabilmente Renzi e Alfano avevano ragigunto un accordo sul futuro dell'alleanza, cioè per il dopo Lupi.

Frattanto, Francesco Cavallo ha rassegnato ieri le dimissioni dalla carica di presidente del Cda di Centostazioni: la sua nomina era avvenuta il 18 febbraio 2015, meno di un mese dopo l’arresto, due giorni fa.

«Bene!...bene ...bene ...grande! Alla grande!! B24 affondato...»: il 20 gennaio dell’anno scorso, Cavallo si esprimeva così parlando al telefono con l’ingegnere Stefano Perotti. Cavallo «si rallegra» per il risultato ottenuto in relazione a una questione relativa ai lavori della metropolitana milanese.

L’intercettazione, riportata nella richiesta di custodia cautelare della Procura di Firenze, riguarda, le «emergenze investigative che attengono ai rapporti tra Perotti, Incalza e Antonio Acerbo», l’ex manager di Expo, già indagato a Milano in un filone dell’inchiesta sulla «cupola degli appalti (ha chiesto di patteggiare tre anni) e ora indagato anche dai pm del capoluogo toscano.
Dalle conversazioni, par di capire che Acerbo avesse bisogno «di un intervento dell’Incalza - si legge nell’atto - per sbloccare una certa situazione» che riguarda «verosimilmente» le opere della metropolitana milanese «attraverso la convocazione di un tavolo tecnico».
Per questo, proseguono gli inquirenti, «Acerbo chiede aiuto al Perotti per sollecitare l’Incalza ad occuparsi di questa vicenda».
Dopo la riunione tra Perotti, Incalza e Acerbo, lo stesso Perotti, il 20 gennaio 2014, al telefono con Cavallo «lascia intendere (...) che il risultato sperato è stato pienamente raggiunto», aggiungendo di fornire i particolari il giorno dopo: «...colpiti!! - afferma l’ingegnare - ... poi ti racconto domani (...) ci sentiamo domani dai! (ride). E Cavallo «si rallegra»: «Bene!...bene!...bene!...grande!!.. alla grande!! B24 affondato...».

A rilanciare l’allarme sull’intreccio del malaffare tra politica e imprese è di nuovo Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione nonché - secondo alcuni osservatori - nome possibile per la successione a Lupi, in un’intervista a Sandro Ruotolo che verrà trasmessa stasera a «Servizio pubblico», il programma di Michele Santoro in onda su La7: «Quanti Incalza ci sono in Italia? Io credo ce ne siano tanti, sui quali bisogna intervenire a prescindere dal fatto che siano onesti o disonesti. Perché il rischio vero è che si creino meccanismi di incrostazione pericolosissimi. Non credo si possa pensare di cambiare l’Italia in sei mesi, in un anno e nemmeno in cinque anni.

Parliamoci chiaro: la corruzione in questo Paese ha caratteri endemici. Lei pensa che una malattia endemica si possa cambiare attraverso un’Autorità che opera con poteri amministrativi? Una legge ben scritta sugli appalti serve alla lotta alla corruzione molto più di due milioni di intercettazioni perché - per esempio - la legge Obiettivo che concedeva il potere al direttore dei lavori di essere nominato dall’impresa è una legge criminogena. Su quello bisogna intervenire».

Oggi, nuovo attacco anche dal blog di Beppe Grillo: «Si è passati da Tangentopoli a Partitopoli. Apriamo le galere per questa gente. Non è tempo di Rolex, ma di restituzione del maltolto.
Di cosa parliamo, di cosa parlano tutti in questi giorni? Di un Rolex regalato al figlio di Lupi e di un biglietto aereo di circa 400 euro per sua moglie? Roba forte, che cattura l’immaginazione. Ma del 40% di maggiorazione su un giro di appalti di 25 miliardi gestiti dal ministero delle infrastrutture nessuno parla. Fanno circa 10 miliardi di tasse dei cittadini a cui vengono chiesti sacrifici, girate ai ladri di Stato e ai loro complici. A chi sono finiti questi 10 miliardi? Questa è la vera domanda da farsi. Il Rolex è un’informazione di distrazione di massa. Quanto fatturano i partiti attraverso le grandi opere?».

Il blog poi lancia un affondo sul sistema di relazioni fra potere politico e vertici delal tecnocrazia: «È evidente che Incalza, dopo vent’anni di permanenza nel ministero delle Infrastrutture (salvo un breve periodo quando fu cacciato da Di Pietro, allora ministro) può ricattare chiunque, mettere nella merda qualunque partito. Il silenzio è la sua migliore assicurazione.

Sono più interessanti i 10 miliardi di euro fottuti agli italiani o un Rolex? Dalla vicenda che fa capo a Incalza emerge una struttura delinquenziale collaudata, che funziona dal livello comunale a quello regionale a quello nazionale. Il malloppo sono i soldi dei cittadini. I ladri a norma di legge sono i partiti, anzi il partito della Nazione, la fusione del Pd con Fi. Gli aiutanti, quelli che aiutano a portare fuori i soldi, sono imprenditori corrotti, in particolare cooperative bianche e rosse e criminalità assortita. I pali sono i giornalisti», conclude Grillo.

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