Pakistan: «Assaltavano le chiese la polizia guardava la tv»

Dolore, disperazione e rabbia hanno sfilato ieri nelle strade di molte città del Pakistan, fra cui la capitale culturale Lahore. Migliaia di cristiani e di esponenti della società civile pachistana hanno manifestato per condannare gli attacchi terroristici di domenica a due chiese, non esitando neppure a scontrarsi con la polizia. Proprio nei confronti delle forze di sicurezza, d'altra parte, è calata senza appello la condanna della Conferenza episcopale pachistana: guardavano il cricket in tv mentre assaltavano le chiese. Insomma, altro che protezione.

I dimostranti si sono raccolti nel centro di numerose località, fra cui Islamabad, Faisalabad, Sargodha e Gujranwala, per ricordare i 17 morti e i quasi 80 feriti causati dall'azione di due kamikaze del movimento Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP) secondo cui i cristiani rappresentano un ostacolo all'introduzione in Pakistan della «sharia» (legge islamica). Le tv pachistane «all news» hanno seguito ininterrottamente le diverse proteste, segnalando quasi dappertutto blocchi stradali, scontri con la polizia, atti di vandalismo e danneggiamenti di auto e vetrine di negozi.

Negli incidenti avvenuti nel quartiere di Youhanabad di Lahore, teatro del duplice cruento attentato, almeno 4.000 persone hanno bloccato la principale arteria cittadina gridando slogan ostili ai talebani, ma anche al governo, a stento fronteggiati dalle forze di sicurezza che hanno faticato a contenere la protesta utilizzando gas lacrimogeni, idranti e sfollagente. È proprio qui che è avvenuto il più grave degli incidenti della giornata quando un'automobile ha improvvisamente accelerato per allontanarsi fra la folla nella zona di Ferozbad, e ha travolto numerose persone, uccidendone una e ferendone almeno altre dieci.

Senza appello per quanto accaduto domenica è stata la condanna pronunciata in un comunicato della Commissione «Giustizia e Pace» della Conferenza episcopale pachistana in cui si critica fra l'altro senza mezzi termini l'operato della polizia in servizio domenica. Nonostante gli allarmi lanciati nei giorni scorsi per le minacce ricevute dalle chiese, si dice nel documento, «gli agenti presenti al momento degli attentati erano occupati a seguire un incontro di cricket in tv invece di svolgere il loro compito di proteggere le chiese».

Da Bruxelles, dove si trovava per il Consiglio Esteri Ue, il ministro Paolo Gentiloni ha ricordato l'appello del Papa nell'Angelus, evidenziando che per le persecuzioni dei cristiani «se ne parla, ma se ne dovrebbe parlare di più perché non c'è la percezione che ci si trovi di fronte ad una delle emergenze del nostro tempo».
Le proteste, verificatesi mentre erano previsti i funerali delle vittime, hanno profondamente alterato la vita pubblica nelle città pachistane, al punto ad esempio da costringere il premier Nawaz Sharif a rinunciare all'inaugurazione di una nuova autostrada fra Faisalabad, in Punjab, e Multan. Nei discorsi pronunciati dai leader della protesta è stata ricorrente la denuncia del poco impegno profuso dal governo, nonostante le assicurazioni, nel proteggere le istituzioni cristiane.

Il pastore Samson Suhail, segretario del Consiglio unito delle chiese pachistane di Islamabad (Uccip), ha detto che «mentre noi siamo al fianco delle autorità impegnate nella guerra contro il terrorismo, riceviamo in cambio scarsa attenzione e poca protezione».

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