La «cricca» puntava sulla Valdastico

La realizzazione della Valdastico Nord era finita nel mirino della «cricca» politico-affaristica della nuova tangentopoli veneta. Secondo i pm di Venezia, le richieste che l'assessore veneto Renato Chisso aveva fatto sulla Provincia di Trento non erano solo di carattere politico. Dietro c'era infatti la «pressione» del colosso edilizio veneto Mantovani, guidato all'epoca da Piergiorgio Baita, anche per conto delle altre aziende del Consorzio Venezia Nuova, quello del Mose. Ma l'ex segretaria dell'ex governatore Galan racconta del «no» dell'allora presidente Lorenzo Dellai 

di Francesco Terreri

Nel mirino della «cricca» politico-affaristica della nuova tangentopoli veneta c'era anche la  Valdastico Nord . Secondo i pm di Venezia, le pressioni che l'assessore veneto  Renato Chisso  faceva al suo omologo trentino  Alberto Pacher  nelle riunioni degli anni scorsi sulle infrastrutture interregionali non erano solo di carattere politico. Dietro c'era il lavorìo del colosso edilizio veneto Mantovani, guidato all'epoca da  Piergiorgio Baita , anche per conto di altre aziende del Consorzio Venezia Nuova, quello del Mose. L'operazione, scrive il Gip  Alberto Scaramuzza  nell'ordinanza, non riuscì. Nella stessa ordinanza emergono gli intrecci tra Baita e  Alberto Rigotti  nella Adria Infrastrutture, una delle società snodo del sistema delle tangenti.

Valdastico sud

Nell'ordinanza dei giudici di Venezia, si parla dell'intervento di  Giuseppe Fasiol , dirigente della sezione strade e autostrade della Regione Veneto, uno degli arrestati dell'inchiesta Mose, per favorire nell'aprile 2012 l'intesa fra Provincia di Trento e Regione Veneto sull'approvazione del progetto Valdastico Nord. Ad esso «era interessata non la Mantovani direttamente ma indirettamente poiché voleva favorire il gruppo Astaldi (...) che era uno dei tre gruppi principali del Consorzio Venezia Nuova impegnato nel Mose. Anche in questo caso sarà il Fasiol a tradurre la proposta in termini tecnici nell'interesse della Mantovani».


Baita chiama  Claudia Minutillo , già segretaria dell'ex governatore veneto  Giancarlo Galan  e Ad di Adria Infrastrutture, e parla di uno degli incontri a Trento tra Chisso e Pacher che sarebbero «riusciti ad arrivare ad un certo punto d'incontro». Minutillo, nell'interrogatorio dell'inchiesta Mantovani del 2013 riportato nell'ordinanza, conferma l'interesse dell'azienda per l'accordo Trento-Veneto e il fatto che Chisso e Fasiol «cercarono di far andare in porto quell'accordo (anche se poi non vi riuscirono) nell'interesse precipuo della Mantovani».
Secondo quanto afferma Minutillo, Chisso «aveva intrapreso questo rapporto con Pacher, sembrava che fosse tutto fatto e poi invece  Dellai  smentì il suo assessore». Questa interpretazione della Minutillo viene recisamente smentita da  Pacher . «In quegli incontri non ho avuto sentore di pressioni che non fossero politiche - dice l'ex vicepresidente della giunta provinciale - Noi però abbiamo sempre ribadito la nostra assoluta indisponibilità alla Valdastico e questo congiuntamente con Dellai. Su questo litigammo anche col ministro».
È vero, invece, che oltre alla Valdastico si parlava anche di Valsugana. «Lo abbiamo fatto intenzionalmente - afferma Pacher - volevamo tenere insieme il discorso proprio perché il Trentino non poteva accettare due autostrade. Per noi era più comprensibile la nuova strada nella Valsugana veneta, che ora è piena di strozzature. Certo, poi c'era il problema dell'impatto sul Trentino».


La Mantovani e Adria Infrastrutture, la società di Baita e Rigotti impegnata nei principali project financing veneti, sono in campo anche per la  Nuova Valsugana  nel tratto veneto. All'epoca ( l'Adige  del 26 marzo 2011) la Provincia ipotizzò anche una Supervalsugana trentina. Oggi dai territori confinanti arrivano soprattutto allarmi. «La Supervalsugana a pagamento - scrivono in una nota congiunta i circoli del  Pd Valsugana orientale e Tesino e Valbrenta  - era stata affidata a una associazione di imprese di cui fa parte proprio la Mantovani. Ora i vertici sono in carcere, resta però un progetto che va a incidere e gravare su un territorio alpino. Chiediamo che questo progetto venga bloccato al fine di rispettare la convenzione delle Alpi».


L'interrogatorio di Claudia Minutillo riportato nell'ordinanza parla anche della proprietà di  Adria Infrastrutture , che era della  Mantovani  ma anche di società riconducibili a  Galan , nonché della Abm Network Investment del finanziere trentino  Alberto Rigotti , che ne è stato anche presidente e che dall'altro ieri è in carcere a Como perché accusato di bancarotta fraudolenta nel caso  Publiepolis , la concessionaria di pubblicità della catena di giornali free press  E Polis , fallita nel 2011 con un buco di 15 milioni di euro. Minutillo racconta proprio degli scambi azionari con Rigotti, che non è indagato in Veneto, nelle società dei giornali veneti di E Polis.
Rigotti, che respinge le accuse a suo carico su E Polis, ha incontrato ieri in carcere il suo avvocato. Si prevede un ricorso contro la custodia cautelare.

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