Napolitano: «Non tollererò più le sordità del passato»

"Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all'attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi". Lo ha detto Giorgio Napolitano, nel suo discorso davanti al Parlamento in seduta comune I tuoi commenti 

napolitanoROMA - "Mi avete chiamato ad un secondo non voluto e faticoso mandato "per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale": è quindi l'ora di trovare "intese condivise" anche perchè se mi troverò ancora una volta di fronte ad una serie di veti, alla "sordità" delle forze politiche, "non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al Paese".

 

Cioè sciogliere le Camere e cercare una maggiore governabilità con un nuovo Parlamento. Questo è il passaggio più politico del lungo discorso di insediamento di Giorgio Napolitano accolto dai Grandi elettori con tanti applusi della grande maggioranza dell'aula e il vistoso immobile silenzio dei parlamentari grillini. Duro ed impietoso nel segnalare gli errori compiuti dal mondo della politica negli ultimi vent'anni, il presidente della Repubblica non ha fatto sconti a nessuno, richiamando i parlamentari di M5S a cercare il confronto, anche aspro, in Parlamento e mai nelle piazze.

 

"Basta tatticismi e proteste sterili", avverte il capo dello Stato che - pur difendendo il ruolo dei partiti aggrediti "da campagne di opinione demolitorie" - non ha risparmiato un 'j'accusè a tutto tondo contro i leader gravemente responsabili "di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme".

 

Prima fra tutte "l'imperdonabile" non riforma della legge elettorale alla quale il presidente ha dedicato un intero passaggio del suo applauditissimo discorso. Immobili in aula c'erano anche Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, i bersagli più diretti degli strali presidenziali sull'immobilismo riformatrice. Ma non c'è tempo per voltarsi indietro per segnare con la matita rossa i tanti errori del recente passato: Giorgio Napolitano è già proiettato alla formazione del nuovo Governo con le consultazioni che potrebbero partire già domani.

 

Non si fa "illusioni" il presidente, sa che la scena politica è vicina al punto di rottura. Ciò detto Napolitano precisa che eserciterà questo nuovo mandato con "accresciuto senso del limite ed immutata imparzialita".

 

La moglie Clio in tribuna applaude composta il marito dei record, e si commuove quando lui parla del peso della nuova "prova" che l'attende. Il tempo stringe e Napolitano sferza i partiti, e molte delle sue parole sono dirette al cuore e alla pancia dei tanti parlamentari del Pd che in queste ore vagano nell'incertezza delle scelte da compiere.

 

"Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui ha bisogno improrogabile" l'Italia, premette Napolitano che, impietoso, illustra lo stato dell'arte senza nulla mascherare: "è ora di fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento, sapendo quali prove aspettino il governo e quali siano le esigenze e l'interesse generale del paese", ricorda poco prima di giurare per la seconda volta. "Piaccia o non piaccia" - questo è il nocciolo del ragionamento - nessun partito può governare da solo e tutti "devono fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni".

 

E questi risultati, ripete il rieletto presidente, tra gli applausi prevalenti del centrodestra, "indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia".

 

Poi anche chi rimarrà fuori, all'opposizione, cioè M5S, può cercare "intese più ampie" per "dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale". L'ultima cosa che vuole il presidente è riportare l'Italia alle urne e per questo più e più volte richiama i partiti alla "responsabilità". Ora nè davvero arrivato "il tempo della maturità" per trovare una larga intesa. "Altrimenti prenderò atto dell'ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata".

 

Giorgio Napolitano si ritrova adesso con l'arma che gli mancava poche settimane fa, quella del potere dello scioglimento. E, suo malgrado, oggi ha minacciato di usarla. Anche se lo scioglimento è quanto di più lontano dai suoi desideri. "Ma non è per prendere atto di questo - spiega infatti il presidente - che ho accolto l'invito a prestare di nuovo giuramento. L'ho accolto perchè l'Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno".

 

E nel discorso di insediamento Napolitano ha voluto anche chiudere sul nascere polemiche su sul ruolo che porterebbe a un commissariamento della politica o ad un presidenzialismo di fatto. "Non corriamo dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera. Al Presidente non tocca dare mandati, per la formazione del governo, che siano vincolati a qualsiasi prescrizione se non quella voluta dall'art. 94 della Costituzione: un governo che abbia la fiducia delle due Camere. Ad esso spetta darsi un programma, secondo le priorità e la prospettiva temporale che riterrà opportune".

 

E la tempistica gioca un ruolo importante in questo denso intervento che vara il Napolitano-bis: se sarà il governo che nascerà a confrontarsi con i tempi della sua sopravvivenza, ovviamente Napolitano non pone limiti al suo settennato. Se non un accenno tutto da interpretare: resterò "fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno", si limita a dire.

 

Se l'Europa e l'Euro non si discutono, il presidente non manca di tornare su alcuni dei temi che hanno segnato il suo precedente mandato: la disoccupazione, il disagio sociale, il terribile e perdurante 'gap' delle donne, i casi di suicidio a causa della crisi. Crisi che non si può battere, conclude, quando è evidente che "hanno finito per prevalere contrapposizioni, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi". Domani le consultazioni, le forze politiche non possono dire di non conoscere il pensiero del presidente. (ANSA).
 

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