Montagna / L'intervista

Finanza in quota, parla il maresciallo Riccardo Manfredi: "Salvare è una missione"

A soli trentacinque anni, il comandante è a capo della storica stazione di Passo Rolle che al momento raccoglie dodici militari per coprire gli interventi in tutto il Trentino orientale, dal Primiero alle valli di Fiemme e Fassa fino alla Valsugana e Cembra: “Abbiamo una doppia veste, anche di polizia giudiziaria”

di Francesca Cristoforetti

TRENTO. «Interveniamo sì in alta montagna e luoghi impervi, ma svolgiamo un doppio ruolo: non solo quello di soccorritori ma anche quello di polizia giudiziaria. Con le nostre competenze, le ricerche persona sono la nostra massima espressione». Si presenta così il corpo del soccorso alpino della guardia di finanza (Sagf) di Passo Rolle, guidata dal maresciallo aiutante Riccardo Manfredi. Trentacinque anni, il comandante è a capo della storica stazione di Primiero San Martino di Castrozza che al momento - come quella di Tione, guidata invece dalla collega, la maresciallo Selene Sfarra - raccoglie dodici militari per coprire gli interventi in tutto il Trentino orientale, dal Primiero alle valli di Fiemme e Fassa fino alla Valsugana e Cembra. Eppure questo corpo, per quanto fondamentale, presenta ancora una carenza di iscritti, circa 400 suddivisi su tutto il territorio nazionale.
Maresciallo, quali sono i vostri compiti principali e come siete divisi sul territorio provinciale?
Il Sagf è un comparto specializzato di elevato profilo operativo della guardia di finanza. Il nostro primo compito è il soccorso e l'ausilio in ambiente montano con interventi in media e alta montagna e in zone particolarmente impervie. Però possiamo dire anche di tutela dell'ambiente. Ci concentriamo soprattutto sulla ricerca di persone disperse o scomparse e il recupero delle salme, ma partecipiamo anche a tutti eventi disastrosi o della Protezione civile sia a livello nazionale che, all'occorrenza, all'estero. In Trentino abbiamo due stazioni, una a Tione e la nostra a Passo Rolle che si dividono rispettivamente la destra e la sinistra orografica del fiume Adige.
In cosa vi distinguete rispetto ad altri corpi?
Siamo una forza di polizia quindi abbiamo una proiezione info-investigativa sulla dinamica degli incidenti: vestiamo una doppia uniforme sia di soccorritori che di polizia giudiziaria. Rispetto al soccorso alpino, per esempio, siamo il primo punto di riferimento per la magistratura o eventuali investigazioni. Come militari abbiamo la possibilità dell'utilizzo di strumentazioni tecnologiche tipiche dell'approccio investigativo alla ricerca.
Nello specifico, per voi, cosa accade quando venite allertati per una persona scomparsa?
Prima della ricerca facciamo un lavoro di "anamnesi", raccogliendo tutte le informazioni che ci permettono di ricostruire le abitudini di una persona e che rappresentano degli indizi. Cerchiamo poi le famiglie e gli amici, sentendoli come testimoni. È un'attività che svolgiamo sempre in sinergia con il soccorso alpino, andando di pari passo. È così che di fatto le nostre forze si uniscono. Il soccorso alpino per esempio ha i numeri: possiamo contare sulla competenza di ben circa 720 soccorritori in tutto il Trentino. Noi mettiamo a disposizione i nostri mezzi e le unità cinofile. Non si tratta di lavorare da soli, non possiamo permettercelo, dobbiamo sempre collaborare.
Tra la vostra strumentazione c'è anche il localizzatore Imsi per la ricerca dispersi in montagna.
Esatto. L'Imsi Catcher, installato a bordo dell'elicottero, consente di individuare un telefono con o senza copertura telefonica. Il sistema è necessario per ottenere le coordinate e riuscire a restringere il campo di ricerca dove andranno le squadre. Se non riusciamo ad intervenire in questo modo perché il telefono è spento, si passa alla consultazione di banche dati della polizia giudiziaria per capire l'ultimo punto in cui il dispositivo risultava acceso. Questo sistema ci ha permesso di ottenere grandi risultati.
Oltre agli aspetti più tecnici, dietro questo tipo di ricerca c'è anche un aspetto umano.
Non nasciamo soccorritori: tanto, va detto, si acquisisce con l'esperienza. Dietro ad ogni intervento ci sono sempre l'empatia e i rapporti sia con i famigliari che con gli altri corpi, magari con persone che fino al giorno prima non conoscevamo. È innegabile, c'è dello stress emotivo che ognuno di noi si porta a casa a proprio modo. Io ricordo tutti gli interventi a cui ho partecipato, come se fossero successi da poco. È difficile dimenticarseli. È un lavoro che di fatto è una vocazione. Facciamo questo mestiere esponendoci a un certo rischio, stando tante ore in montagna anche per gli addestramenti. Ma la soddisfazione di dare un aiuto concreto alla collettività ripaga tutti gli sforzi.
Rispetto ai numeri, di quanti interventi stiamo parlando?
Nel 2024 si parla di una quindicina di ricerche persona. Abbiamo avuto 37 interventi in totale, escludendo il soccorso piste, in cui abbiamo collaborato con il soccorso alpino. Poi siamo intervenuti per la tragedia in Marmolada, ma anche per l'alluvione in Emilia Romagna e per il terremoto in Turchia.
Quanti militari raccoglie il Sagf?
Noi del Passo Rolle siamo in 12 militari, e l'età media è sotto i trent'anni. Il soccorso alpino della guardia di finanza è stato fondato nel 1965. E in tutta Italia ora ci sono 29 stazioni per circa 400 militari. I concorsi per entrare nel Sagf si svolgono ogni due anni per circa 30 aspiranti che vogliono intraprendere questa carriera. Dentro il Sagf si possono ottenere delle abilitazioni specifiche dal tecnico elisoccorso a chi lavora in maceria. La guardia di finanza investe su di noi per svolgere questo tipo di servizio, ma le richieste sono ancora poche. Forse perché la nostra è una realtà poco conosciuta.

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