Ambiente / Il pericolo

Allarme processionaria nei boschi, i tecnici: “La questione è ormai di competenza sanitaria”

In queste settimane, complici i cambiamenti climatici con un inverno non freddo, in tutte le zone dell'Alta Valsugana e del resto del Trentino sono state letteralmente invase dalla processionaria

PROCESSIONARIA Tutto quello che c'è da sapere

ALTA VALSUGANA. Il problema della processionaria, lepidottero che se disturbato può provocare, con i suoi micropeli, pesanti irritazioni alle mucose di persone e animali domestici, in Alta Valsugana in questo momento è nella sua fase più pericolosa, perché le colonie nidificate sui pini stanno completando la migrazione nel sottosuolo.

In queste settimane, complici i cambiamenti climatici con un inverno non freddo, in tutte le zone dell'Alta Valsugana cosiddette di basse falde (Altopiano della Vigolana, Civezzano, Fornace, nel pinetano, le pendici montuose nella zona di Levico) sono state letteralmente invase dalla processionaria.

Se n'è parlato di recente anche nella serata a tema bostrico che si è svolta in valle dei Mocheni, alla presenza di Giorgio Zattoni, tenente colonnello forestale e responsabile dell'ufficio distrettuale di Pergine, e di Cristina Salvadori, fitopatologa di Fondazione Mach.

In quell'occasione, Zattoni e Salvadori hanno ricordato proprio come fino al gennaio 2022 vigesse l'obbligo di eliminare la processionaria in quanto era considerata una fitopatologia, ossia una malattia per la pianta. Poi la legislazione nazionale è cambiata. In sostanza dunque, ora l'obbligo di estirpare i nidi non può più essere imposto per tutelare la salute della pianta (non può più essere la Forestale ad intervenire), ma rimane solo un problema sanitario, proprio per le conseguenze che può avere la processionaria sulle persone (i peli possono essere liberati dalla processionaria anche senza toccarla, in quanto l'insetto se si sente minacciato li libera): quindi devono essere i sindaci ad emanare specifiche ordinanze per i terreni privati.

Al pari del bostrico, la processionaria nasce come un insetto utile se in concentrazioni non dannose: colpisce gli esemplari di pino nero e pino silvestre più deboli e fragili. Il problema sorge quando, per diverse ragioni, si arriva ad avere una presenza massiccia di nidi, in zone densamente frequentate o abitate.

Le soluzioni possibili? Tagliare i pini sostituendoli con nuove piante di specie a latifoglie. Il pino infatti, come più volte sostenuto dalla Forestale, è un tipo di albero introdotto in maniera intensiva soprattutto dopo la seconda guerra mondiale: serviva come specie transitoria per ricreare il sottobosco e permettere poi il ripristino delle specie originarie. Non sempre quest'operazione è stata fatta e si è assistito alla proliferazione di pini, che ora sono "a fine vita": un motivo in più per cui la processionaria approfitta di questa "debolezza".

Esistono altri tipi di contrasto alla diffusione dell'insetto: una lotta biologica, con un batterio che la Forestale spruzzava sulle chiome dei pini a settembre, quando le larve si cibano degli aghi, causandone la morte senza danneggiare la pianta (soluzione poi bloccata dalla normativa statale); una lotta meccanica, con delle fasce da applicare ai tronchi che bloccano la "processione" e catturano gli insetti; l'endoterapia, con iniezioni di insetticida ad alta pressione alla base dei pini, senza danneggiarli (soluzione però abbastanza costosa per ogni singolo albero).

L'attenzione massima per la processionaria va prestata in queste settimane: i nidi non sono stati disturbati dall'inverno mite (la processionaria teme il freddo) e le migrazioni nel terreno dove l'insetto di incrisalida sono visibili. Ma è possibile che si accumulino anche diverse generazioni nel terreno per anni, e quindi può capitare di assistere ad un vero e proprio "boom" di nidificazioni in certe annate a causa di questo sistema di protezione dell'insetto.

Al pari del bostrico, la processionaria ha dunque "approfittato" del cambiamento climatico per svilupparsi in maniera incontrollata a quote sempre più alte, pur essendo tipico della fascia mediterranea.

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