Ambiente / Veleni

Nell’acqua potabile di Calceranica c’erano gli erbicidi, in concentrazione fuori norma

Tonina risponde all’interrogazione di Degasperi e deve ammettere: Metolaclor e Terbutilazina nella sorgente Slavazzi, ma «dal monitoraggio successivo risulta che tutto è tornato nella norma»

di Andrea Tomasi

CALCERANICA. Erbicidi nell'acquedotto di Calceranica. Sono state trovate a seguito di un prelievo nel punto di presa tra via Andanta e la strada provinciale che conduce a Caldonazzo. Tutto ufficiale. A confermarlo è l'assessore provinciale all'ambiente Mario Tonina, in risposta ad un'interrogazione del consigliere di Onda Civica Filippo Degasperi, che da tempo si sta occupando dei casi di contaminazione in ambito agricolo.

Le sostanze di cui si parla sono Metolaclor e Terbutilazina. La prima è un derivato dell'anilina ed è un membro della famiglia degli erbicidi cloroacetanilidici. La seconda è una sostanza erbicida selettiva di pre-emergenza, impiegata soprattutto nella colture di mais: viene assorbita dalle radici, viene usata soprattutto contro le graminacee infestanti.

Dalla risposta dell'assessore: «Sulla base del programma di vigilanza sulle acque potabili predisposto per l'anno 2020 dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari, autorità competente in materia, durante il mese di luglio 2020 è stato consegnato al Settore laboratorio dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente un campione di acqua destinata al consumo umano prelevato presso la Sorgente Slavazzi nel Comune di Calceranica al Lago. Le analisi effettuate hanno rilevato presenza oltre i valori di parametro previsti dalla normativa di settore (D.Lgs. 31/2001)».

E ancora: «L'Azienda provinciale per i servizi sanitari, in accordo con il gestore del servizio idrico e gli altri enti interessati, ha predisposto per il periodo aprile-settembre 2021 un piano di controllo a cadenza settimanale per il monitoraggio continuo della qualità dell'acqua di detta sorgente in relazione alla presenza di antiparassitari. Tutti i campioni finora consegnati al laboratorio dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente sono risultati conformi alla normativa e nessun principio attivo è stato rilevato oltre il limite di quantificazione del metodo utilizzato (0.02 ?g/l)».

Tutto a posto? Non veramente. Degasperi fa notare che la gente del posto non sapeva e che «comunque ci si aspetta l'apertura di un'istruttoria sulla questione».

A chi gli dice che i valori sono nella norma e che la zona ora è in sicurezza, risponde così: «Certo, ma bisognerebbe capire per quanto tempo quelle sostanze sono state sversate, come mai sono finite nell'acqua che la gente si è bevuta e quali provvedimenti pensa di prendere la Provincia. Il punto è che se un normale cittadino versa del veleno nell'acqua giustamente si trova i carabinieri in casa. Non si capisce perché in questo caso dovrebbe essere diverso. Eppure non sarebbe impossibile cercare di risalire ai nomi di chi ha contaminato quell'acqua. Se quegli erbicidi sono finiti là dentro qualcosa non ha funzionato e chi ha maneggiato quelle sostanze ha operato nei terreni circostanti. Insomma li cercherei a Calceranica i responsabili, non a Levico... E poi ci sono i quaderni di campagna con le sostanze che vengono usate, no?»

La risposta della giunta provinciale, che è arrivata ieri non lo soddisfa. «Dico solo che non credo che staranno a monitorare tutti i giorni e che devono smettere di avvelenare le persone».

E il Comune come si è mosso? Da una risposta dell'assessore Tonina nel luglio scorso: «Il Comune di Calceranica, insieme al Servizio Prevenzione Calamità, ha attivato due filtri al carbone che consentono di recuperare 4 litri al secondo, che integrano quanto conseguibile dal 25 giugno dalla connessione con l'acquedotto di Caldonazzo, in presenza di un monitoraggio che prosegue e che ad oggi rileva valori buoni (a conferma della giustezza dell'azione di inibizione di alcune tipologie di fitosanitari) nei monitoraggi settimanali che proseguiranno sino a fine settembre a cura di Comune e Apss».

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