Laura Battisti la giramondo bloccata dal virus a Valencia

di Massimo Dalledonne

C’è chi è tornato, a causa del Covid-19, in fretta e furia dalla Spagna. C’è chi, invece, nella penisola iberica, lo stesso virus lo ha combattuto. E vinto.

Quando ci sentiamo, Laura Battisti è ancora a Valencia. La passione di girare il mondo ce l’ha nel sangue, anche se tra un viaggio e l’altro la sua terra rimane sempre la Bassa Valsugana. Le piace viaggiare, conoscere nuova gente. In questi anni ha visitato l’Australia, la Thailandia, il Laos e tanti altri paesi. Un’avventura, di crescita personale che racconta, giorno per giorno, sul suo blog (www.lauratheexplorerbook.wordpress.com).

Quando è scoppiata l’emergenza Covid-19 si trovava in Spagna, dove attualmente è ancora bloccata «Blackout. Lockdown. Le definirei così queste ultime settimane. Ora con il senno di poi sembra tutto più sereno e ancora molto confuso».
Già da alcuni mesi aveva iniziato a convivere con la questione del virus. Fin dai tempi del recente viaggio, tra gennaio e febbraio, in Nepal.

«Ai primi di marzo mi reco in centro a Valencia con un’amica. Qualcosa non mi torna, la percezione è di precarietà, ma sembra che lo sia solo per me. Quello sarà l’ultimo giorno che mi concedo in città e sarà il fatale».
Laura vive su una barca a vela, nel porto marittimo, quando, il 13 marzo, la zona viene chiusa. In Italia c’era già il blocco.
«Da allora anche noi abbiamo iniziato a chiuderci in noi stesse. Il giorno dopo iniziano i sintomi e per 4 giorni la lotta si fa dura. Non c’è cura, cerco di lasciare che il virus faccia il suo corso».
La febbre sale a 38.6 nei primi due giorni, muco, tosse secca, dolori muscolari, affaticamento respiratorio. Laura non sente i gusti. «Per fortuna con me c’è la mia amica, lei la sfanga con un po’ meno febbre e sembra molto esperta in tema di rimedi naturali. Cerco di fidarmi di me, non mi resta molto altro da fare».

Quattro giorni difficili. Laura segue i rimedi della nonna. Infusioni di zenzero, latte e curcuma, acqua e limone, inalazioni di acqua e sale, tantissima acqua ogni quarto d’ora, tanta verdura e frutta, carboidrati, buona musica e tanta meditazione. Nessun medicinale.
«Il quinto giorno - scrive sul suo blog Laura - va meglio. Chiamo il numero che mi era stato dato in aeroporto in caso di sintomi da Covid-19. Mi chiedono se ho avuto problemi pregressi all’apparato respiratorio, come va e che devo stare in quarantena per 14 giorni».

Entro due giorni le avevano promesso assistenza sanitaria. Nessuno la chiamerà più, ma probabilmente non ce n’è bisogno.
Il momento critico della malattia è ormai passato. Non si può scendere a terra.
«Per rimanere in quarantena abbiamo deciso di farci recapitare la spesa in barca. Il corpo si sta rimettendo come dopo una battaglia, è fiacco e un po’ tramortito». Va avanti così per tre settimane. Davvero una brutta rogna questo virus.
«A me il tampone non l’hanno fatto, ma dubito che possa essere stata qualsiasi altra cosa. Qui a Valencia - prosegue ancora Laura Battisti - sentiamo di italiani che vogliono rimpatriare.
Alcuni addirittura vogliono farsi organizzare un aereo speciale. Però mi chiedo: se c’è il mondo intero in lockdown, per quale motivo dovremmo essere privilegiati? In tutto questo si rafforza il pensiero di sentirmi apolide e fondamentalmente nelle mani di me stessa e nulla più».
Il futuro cambia ogni giorno con una velocità mai vista prima. Laura, che cosa succederà domani? «Non lo so più con certezza. Difficile fare programmi. È il 12 aprile e il sole splende. Mi godo il caldo sul volto per qualche minuto. La barca si asciuga. Io mi asciugo. Ho vinto io. Se fosse possibile, vorrei poter fare un test sugli anticorpi, ma non saprei come trovare il modo di confrontarmi con la sanità spagnola, magari i miei anticorpi potrebbero servire a qualcuno».

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